23 aprile 2024
Aggiornato 09:30
Anni di piombo

Acca Larenzia, da tutta Europa per ricordare i 40 anni dell’eccidio

A Roma, seimila persone hanno sfilato nel corteo che ha raggiunto il luogo dove vennero uccisi Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni

ROMA – Davanti a tutti c’era il vessillo di Acca Larenzia che precedeva l’enorme striscione con il messaggio «Onore ai camerati caduti». Nelle prime file c’erano le bandiere nazionali delle varie delegazioni arrivate dall’estero. Ad animare la ricorrenza dei 40 anni della strage è stato il silenzio. Il silenzio devoto delle migliaia di militanti giunti a Roma per testimoniare il loro omaggio ai tre ragazzi del Msi uccisi in via Acca Larenzia. Bigonzetti e Ciavatta – 19 e 18 anni – vennero colpiti a morte da terroristi rossi; Recchioni, ventenne, invece venne centrato da un capitano dei Carabinieri negli scontri che ci furono quando accorsero i militanti di destra subito dopo la morte dei primi due. Ieri, però, c’è stato anche un altro silenzio che ha fatto molto discutere: quello della sindaca Virginia Raggi e del Comune di Roma che hanno superficialmente ricordato la strage.

Campidoglio assente
Solo una corona di fiori: a rappresentare il Comune di Roma, ieri c’era un omaggio floreale, senza alcun esponente dell’amministrazione capitolina. Doveva esserci il presidente del consiglio comunale, il Cinquestelle Marcello De Vito, che però ha dato forfait all’ultimo momento. E così, ai lati della corona di fiori, c’erano solo i due Vigili urbani. In molti hanno criticato l’atteggiamento dell’amministrazione che al posto di De Vito avrebbe potuto almeno invitare un sostituto rappresentante nell’anniversario di una strage così importante per la storia della Capitale, rimasta ancora con troppi punti interrogativi. Dopo la cancellazione del murale in ricordo di Mario Zicchieri, il Movimento 5 Stelle alla guida del Comune di Roma non sembra intenzionato a intraprendere la strada di una pacificazione nazionale.

40 anni senza verità
La strage di Acca Larenzia da sempre rappresenta un’ombra pesante sulla storia della città di Roma, resa ancora più inquietante dal mancato accertamento di chi uccise i militanti missini. Al centro della vicenda c’è la mitraglietta Skorpion ritrovata dieci anni dopo in un covo milanese delle Br. L’arma che uccise l’economista Ezio Tarantelli (1985), l’ex sindaco di Firenze Lando Conti (1986)e il senatore Roberto Ruffilli (1988), fu la stessa che colpì ad Acca Larenzia. La mitraglietta, inoltre, passò per le mani del cantante Jimmy Fontana che la acquistò – regolarmente – nel 1971 a Saint Vincent, per rivenderla – senza però fare regolare dichiarazione presso gli uffici di pubblica sicurezza, come previsto dalle disposizioni di legge dell’epoca – a un commissario di Polizia in servizio, per una macabra ironia del destino, al Tuscolano, ovvero la zona di Acca Larenzia.

Domande senza risposta
Come mai le versioni di Jimmy Fontana e del commissario Antonio Cetroli sulla compravendita dell’arma sono risultate discordanti? Possibile che uno dei due sia stato un fiancheggiatore delle Br? Perché non si indagò sull’assegno con cui venne pagata l’arma a Jimmy Fontana? Questi e molti altri interrogativi si sono accavallati in questi 40 anni. Non è escluso che nelle prossime settimane venga lanciato un appello per far riaprire le indagini e fare nuove luce sulla strage di Acca Larenzia da liberi cittadini ed esponenti politici il cui obbiettivo sarebbe quello di ricordare l’eccidio non solo il 7 gennaio di ogni anno.