19 aprile 2024
Aggiornato 16:00
L'intervista

Maiorino: «Di Battista e Casaleggio? Infantili, hanno poca maturità politica»

Alessandra Maiorino, vicepresidente del gruppo M5s al Senato, analizza al DiariodelWeb.it la situazione interna ai pentastellati dopo gli Stati generali

Alessandro DI BATTISTA
Alessandro DI BATTISTA Foto: Riccardo Antimiani ANSA

Gli Stati generali del Movimento 5 stelle si sono ufficialmente conclusi, con il via libera alla leadership collegiale, alle alleanze programmatiche e il mantenimento del vincolo del doppio mandato. Ma lo scontro interno ai pentastellati, quello in compenso sembra appena cominciato. Alla grande spaccatura aperta da Davide Casaleggio, che potrebbe addirittura arrivare alla scissione dalla creatura di suo padre Gianroberto, con tanto di rifiuto a consegnare l'elenco degli iscritti e possibili strascichi legali, si è aggiunta ieri la polemica di Alessandro Di Battista, che ha promesso di tornare in campo ma solo a patto che venissero soddisfatte precise condizioni. Insomma, la tensione all'interno del partito di governo rimane altissima. Il DiariodelWeb.it ha analizzato la situazione con Alessandra Maiorino, vicepresidente del gruppo M5s al Senato.

Senatrice Alessandra Maiorino, gli Stati generali di questo weekend erano il modo per fare un punto sul Movimento 5 Stelle, dopo sette anni di presenza in parlamento. Dunque, che cosa è diventato il M5s? Un «partito», come ha titolato La Repubblica?
Mi sembra che Repubblica titoli così da diversi anni, forse quel titolo lo hanno riciclato... Potrà anche essere accattivante per un certo tipo di lettori, ma non mi sembra che abbia centrato il punto. Io credo che il Movimento 5 stelle abbia dimostrato di essere divenuto consapevole, dei propri limiti attuali così come delle proprie potenzialità. Forse questi Stati generali avremmo dovuto addirittura organizzarli prima.

Intende, prima della pandemia?
No, molto prima: probabilmente andavano svolti ad inizio legislatura. Una forza politica che si ritrova a passare da 0 a 25% alla prima tornata elettorale e poi al 33% e al governo alla seconda si deve prendere un momento di riflessione, per analizzare quello che sta succedendo dentro e fuori. È successo tutto ad una velocità che penso non sia mai stata vissuta da nessun'altra forza politica, in nessun Paese occidentale. Serviva l'analisi, ma servivano anche gli strumenti per governare questo processo, a livello interno.

Si riferisce alla leadership collegiale?
Non solo: ad una struttura in grado di essere capillare sul territorio. Quello che gli attivisti ci hanno sempre rimproverato: non basta la visita banale del leader di turno, bisogna essere presenti come forza politica.

Questa struttura, però, somiglia tanto alle vecchie sezioni di partito, ed è molto diversa dal movimento liquido che si teorizzava agli albori.
Bisogna essere onesti, lo dico anche quando parlo con gli attivisti: non ci dobbiamo inventare l'acqua calda, esiste già. Per essere presenti sul territorio occorrono dei punti di riferimento: che siano sedi o referenti. Se lo hanno fatto i partiti prima di noi, non vuol dire che questa sia una struttura partitica, ma che è l'unica possibile. La differenza è che il M5s è aperto alla partecipazione della cittadinanza. Chiunque, potenzialmente, può candidarsi con noi ed entrare nelle istituzioni.

I critici ribattono che questo è il modo per far entrare in parlamento anche persone che non hanno una preparazione sufficiente.
Sì, questo è vero. Ma è un problema che credo si risolverà da solo, con il tempo, quando avremo sempre più rappresentanti istituzionali che possano passare dal locale al nazionale. Secondo me, la percentuale delle persone inadatte ai ruoli che ricoprivano era molto tollerabile. E non si può dire che non sia altrettanto negli altri partiti.

Forse voi vi siete ritrovati ad avere il Paese in mano nel momento più difficile del Dopoguerra, quindi questi limiti sono emersi in maniera più evidente e drammatica.
Non lo so. Purtroppo l'incompetenza viene sempre rinfacciata al Movimento 5 stelle, quando negli scorsi decenni abbiamo visto degli incompetenti in ruoli chiave. Ma in quel caso si puntava il dito contro la persona, invece che contro l'intero partito. Da noi la selezione è aperta, altrove viene fatta da qualcuno, dunque quel qualcuno è responsabile delle persone che sceglie.

La leadership collegiale, che abbiamo citato, è stato uno dei punti chiave di questo congresso. Eppure, nonostante l'intero percorso degli Stati generali sia durato più di un mese, anche per le ovvie difficoltà relative al Covid-19, ancora non si sa come funzionerà esattamente.
Ci saranno delle votazioni per stabilire il tipo di governance. Comunque, sembra prevalere lo schema collegiale, invece di un capo politico unico. Certamente quella di questo weekend è stata una tappa importantissima, ma poi le decisioni andranno prese in seguito.

Il limite dei due mandati resta intoccabile anche per i big?
A sentire la maggior parte delle opinioni espresse, sembrerebbe di sì. È stato un ritornello martellante.

Ma, ad oggi, è difficile pensare che Di Maio, tanto per fare solo un nome, si faccia da parte al termine della legislatura e torni a fare il semplice cittadino.
Sinceramente perdere determinate competenze mi sembrerebbe anche triste, oltre che un danno per il Movimento. Io resto convinta che possano essere valorizzate, in che modo lo vedremo.

L'unico ad alzare un po' la voce è stato Alessandro Di Battista, che però ha anche detto di «non vedere l'ora di rimettersi in prima linea, vedremo in che ruolo». Secondo lei potrebbe fare il rappresentante di minoranza nel direttorio?
Sono convinta che, in un modo o nell'altro, Alessandro entrerà in questo organo collegiale. Però il fatto che abbia dettato delle condizioni perentorie mi fa pensare che non abbia ancora molta dimestichezza con la politica. Altrimenti saprebbe che, quando ci si siede ad un tavolo, si dialoga, per giungere ad una sintesi. Porre degli aut aut, generalmente, non sortisce dei grandissimi effetti. Alessandro ha dimostrato scarsa maturità politica, probabilmente frutto dell'esasperazione, perché non so da quanto tempo va avanti a negoziare. Ma dovrebbe ricordare che viene già ascoltato, va nei talk show, fa interviste, è un influencer. Ora forse questo non gli basta più e vuole anche un ruolo, non ho capito bene quale.

Ma non è che tutta questa struttura della leadership collegiale è stata costruita apposta per non far vincere lui?
Veramente di leadership collegiale si parla da sempre all'interno del Movimento 5 stelle. Qualsiasi lettura strumentale è storicamente falsa.

E perché non sono stati resi noti i voti degli iscritti, come chiedeva Di Battista?
Io non ho altre spiegazioni, oltre a quella che ha dato Vito Crimi. Ma mi piace riportare quello che ha sottolineato Roberto Fico: questo confronto muscolare, che è avvenuto anche chiedendo di mettere sulla bilancia i voti, ha tenuto e tiene ai margini molte persone di valore.

Quindi il problema non è che Di Battista voleva picconare il governo, e invece ha vinto la corrente che vuole restare a palazzo Chigi?
Non credo che il punto sia quello di restare al governo, piuttosto credo che sia la responsabilità verso il Paese. Che forse, a volte, sfugge ad alcuni.

Lo stesso Conte ieri ha detto: «Cambiare idea è giusto, se serve a migliorare». A cosa si riferiva?
Si poteva riferire a tante cose. Alle alleanze, al doppio mandato...

Insomma, un invito ad abbandonare i dogmi degli inizi?
Dogmi, l'ha detto lei. Io conosco una sola istituzione che vive da duemila anni su dogmi immutabili: la Chiesa cattolica. Nessun altra struttura umana può sopravvivere senza modificarsi, altrimenti muore.

Conte ha anche detto che «Beppe Grillo resta la mente più giovane e vivace del M5s». Detto così, non sembra un grande complimento a tutti voi.
No, infatti, l'ho pensato anche io. Senza nulla togliere a Beppe Grillo, che è fantastico, in effetti è un concetto un po' triste. Ma è vero. Anche perché Beppe è nelle condizioni per farlo: è un visionario, può dare molte ispirazioni, ma non significa che vadano seguite pedissequamente. Molti di noi si sono dovuti sobbarcare responsabilità, che impediscono un po' la giovinezza del pensiero.

Davide Casaleggio non ha voluto nemmeno partecipare agli Stati generali, poiché sosteneva che fosse tutto già deciso. Che cosa ne pensa?
Noto delle analogie tra il comportamento di Casaleggio e quello di Di Battista. Sono un po' infantili, si risentono perché non hanno avuto quel ruolo centrale che il loro ego pretendeva, e dunque mugugnano su tutto, invece di collaborare. Secondo me hanno perso un'occasione per mostrare la loro utilità.

Voglio seguire la sua metafora e aggiungo che Casaleggio, come i bambini offesi, ora ha la possibilità di prendere il pallone e andarsene. Ovvero, non consegnarvi gli elenchi degli iscritti...
Non c'è dubbio, il pericolo che si apra una diatriba giuridica esiste. Mi auguro che non si debba arrivare a tanto. Tutti quelli che parlano dicono di voler bene al M5s, ma poi sono le azioni a testimoniarlo.

Lei teme questa prospettiva?
La temo, nel senso che non credo che sia impossibile. Però mi auguro che sia evitabile.