19 aprile 2024
Aggiornato 07:00
Rimedi contro il dolore cronico

Per combattere il dolore cronico ci vuole il digiuno

Alcuni scienziati hanno trovato un rimedio semplice, che chiunque può mettere in pratica, per attivare un recettore che riduce la percezione del dolore

Contro il dolore cronico ci vuole il digiuno
Contro il dolore cronico ci vuole il digiuno Foto: Evgeny Atamanenko | Shutterstock Shutterstock

Il dolore forte e acuto può essere devastante, ma quello cronico subdolo e incessante può ridurre notevolmente la qualità della propria vita. E chi ne soffre sa che non è semplice tenerlo sotto controllo neppure con i farmaci più innovativi. Sembra, tuttavia, esserci un metodo che migliora la condizione – pur non facendo veri e propri miracoli – ed è il digiuno intermittente. Ad asserirlo è un team di ricerca che ha appena pubblicato i risultati dello studio sulla rivista Faseb.

Poche calorie
In realtà i ricercatori non parlano di un vero e digiuno, bensì di una restrizione calorica eseguita in maniera intermittente. Una soluzione che, secondo gli scienziati, potrebbe ridurre il dolore cronico, specie quello provocato dalle nevralgie. Pare che ridurre la quantità di cibo e calorie ingerite, permetta di attivare un recettore associato alla percezione del dolore causato da neuropatie.

Qual è il dolore neuropatico?
Esistono diversi tipi di dolore neuropatico. Quelli che si presentano con maggior facilità – e in quasi tutti gli individui – sono il mal di schiena, la sciatalgia, la cervicalgia causata da ernia o, più raramente, i dolori che i verificano nei pazienti che si sono visti costretti ad amputare uno o più arti. I trattamenti che abbiamo a disposizione oggi, purtroppo, sono enormemente limitati. «prevedono farmaci antidepressivi, anticonvulsivanti e terapie di supporto psico-cognitivo», spiega Sabatino Maione, ordinario di Farmacologia dell'Università della Campania Luigi Vanvitelli. Questo è il motivo per cui «c'è un notevole interesse della ricerca nell'identificare nuovi meccanismi molecolari per meglio comprenderne la natura».

Il recettore analgesico
Per arrivare alla conclusione del digiuno, gli scienziati hanno preso in esame un recettore denominato HCAR2 e, per la prima volta, sono riusciti a dimostrare come questo sia in grado di sviluppare un potere analgesico riducendo in maniera significativa le alterazioni della soglia associate al dolore neuropatico.

Lo studio
Durante lo studio – condotto su modello animale – i ratti sono stati sottoposti a due giorni di restrizione calorica e si è evidenziata un’attivazione del recettore analgesico. «Abbiamo avuto conferma che questo recettore HCAR2, è stimolato dal beta-idrossi-butirrato (BHB) un chetone che viene prodotto in maggiori quantità dal digiuno prolungato o da una dieta a bassissimo contenuto di zuccheri. In questo caso il dolore diventa minore, ma anche molto trattabile con farmaci», spiega il co-ricercatore Livio Luongo.

Due giorni di digiuno anche negli esseri umani?
E’ importante sottolineare che la vita dei topi non è paragonabile a quella degli esseri umani, per questo motivo la restrizione calorica potrebbe essere prolungata. «Sui topi si parla di due giorni di digiuno, che nell'uomo corrisponderebbero a circa 4-5 giorni di digiuno. Il recettore Hcar2 riduce significativamente le alterazioni della soglia meccanica associate a dolore neuropatico nel topo. La accuratezza del dato è rafforzata dall'utilizzo di topi mancanti di tale recettore che sono stati ottenuti grazie ad una collaborazione con il Max Planck Institute, che ha concesso l'utilizzo di topi transgenici. Proprio nei topi abbiamo avuto conferma che questo recettore Hcar2, è stimolato dal beta-idrossi-butirrato (Bhb) un chetone che viene prodotto in maggiori quantità dal digiuno prolungato o da una dieta chetogena. Questa ricerca e i risultati raggiunti ci fanno sperare in una serie di possibili terapie che renderebbero la vita migliore a questo tipo di pazienti», conclude Luongo.