29 marzo 2024
Aggiornato 12:00
Il video-editoriale per il Diario Motori

Corgnati: Il maestro Valentino Rossi dà una lezione a Marquez e Vinales

Gli spagnoli, che hanno vissuto due carriere parallele, hanno lo stesso vizio: spingono sempre al massimo, anche quando dovrebbero amministrare. Il Dottore, invece, guida di esperienza: non è il più veloce ma il più costante. E comanda la classifica

ROMA – Alzi la mano chi si aspettava, dopo tre gare del Motomondiale 2017, di vedere Valentino Rossi in testa alla classifica. Di sicuro io no. Non perché non credessi nel Dottore, che ormai ci ha abituato ad essere sempre lì quando conta, a prescindere da quanto male inizi nelle prove libere o da quanto appaia in difficoltà nei test invernali, ma perché questa volta lo avevamo visto davvero preoccupato. Era evidente: dopo le ultime prove in Qatar il suo volto diceva di più delle sue stesse parole; era rabbuiato, non sorrideva, non sdrammatizzava, e per lui questi sono segnali insoliti e poco rassicuranti. Sicuramente non se lo aspettava neppure lui, lo ha ammesso in prima persona, e con altrettanta certezza non se lo aspettavano neanche i rivali: il suo compagno di squadra Maverick Vinales e Marc Marquez. Eppure loro due hanno una lezione preziosa da imparare dal fenomeno di Tavullia.

Ritorno al passato
Valentino Rossi è tornato quello del 2015, ovvero quello autentico. L'anno scorso è stata una stagione fuori dal comune, in cui le nuove gomme Michelin hanno costretto tutti a ricominciare da capo: e lo stesso Vale era più competitivo in prova, ma è finito anche più volte in terra. Quest'anno, invece, rivediamo il numero 46 che fa più fatica sul giro secco, che ci mette di più a trovare l'assetto giusto, ma che poi in gara sfodera tutta la sua grinta, la sua motivazione, la sua aggressività e la capacità di non arrendersi mai. Nemmeno a 38 anni, nemmeno dopo 21 stagioni di vertice nel Motomondiale. Marquez è un po' tornato al passato anche lui: sembra aver disimparato a correre meno di cuore, meno di pancia e più di testa, accontentandosi dei piazzamenti, perché sono quei punti che pesano in classifica mondiale. E lo stesso Vinales, fin dallo stile di guida che si sporge molto fuori dalla moto, ricorda quel Marc Marquez con cui ha vissuto una carriera parallela, fin dalle prime gare di minimoto in Catalogna. Anche lui veloce lo è, vincerà tanti Mondiali in futuro, ma i suoi 22 anni rappresentano ancora un limite in termini di maturità. Fino ad oggi era abituato a spingere sempre al massimo, senza ragionare: lo faceva l'anno scorso con la Suzuki, perché non aveva niente da perdere, e anche dall'esordio in Yamaha. Al di là della dinamica spicciola dell'incidente, che lui stesso ha detto di non aver capito e che forse non è stato neanche dovuto a un suo errore, ha pagato proprio quella dinamica psicologica. Non ha capito che non è necessario vincere tutte le gare, ma che dall'alto della sua leadership in campionato poteva limitarsi ad amministrare.

La forza della costanza
Valentino Rossi, invece, dall'alto dei suoi anni di esperienza, queste cose le sa già bene. Nelle prime tre gare non è mai stato il più veloce, ma il più costante sì: è stato l'unico a salire sempre sul podio e così è tornato in testa alla classifica, dopo più di un anno di assenza. Troppo presto ancora per dire se possa giocarsi questo benedetto decimo titolo, ma intanto la stagione è iniziata nel migliore dei modi. Tra due settimane potrà puntare alla vittoria a Jerez, dove trionfò un anno fa. Noi vogliamo vederlo così, come siamo abituati da tanti anni. E come lo abbiamo visto anche due anni fa. Allora ci arrivò a un soffio: magari quest'anno, senza biscotti, visto che i due spagnoli Marquez e Vinales sono tutt'altro che propensi a collaborare, potrebbe finire diversamente.