19 aprile 2024
Aggiornato 13:30
Formula 1

Una lotta di potere minaccia la serenità in Ferrari: Arrivabene vs Binotto

Da un lato il direttore tecnico che ha realizzato il miracolo della SF70H e ora vorrebbe farlo pesare per conquistarsi il ruolo di capo della Scuderia. Dall'altro l'attuale team principal, che per conservare la sua ambita poltrona ha mosso nientemeno che il principale sponsor, la Philip Morris

Il direttore tecnico della Ferrari, Mattia Binotto
Il direttore tecnico della Ferrari, Mattia Binotto Foto: Ferrari

MARANELLO – Mentre la Ferrari è impegnata nella sua battaglia con la Mercedes per riprendersi il Mondiale di Formula 1, dietro le quinte di Maranello si sta consumando un altro scontro, altrettanto acceso anche se più nascosto: uno scontro di potere. I protagonisti sono l'attuale team principal Maurizio Arrivabene e il direttore Mattia Binotto, che ambirebbe a prenderne il posto. E a raccontare questo inedito retroscena, nelle ultime settimane, sono state diverse testate giornalistiche italiane, insieme al prestigioso quotidiano tedesco Bild.

Le ambizioni del tecnico
Da un lato, dunque, c'è l'ingegnere italo-svizzero Binotto: prima, da responsabile dei motoristi, artefice dell'aggancio del propulsore rosso al potentissimo rivale tedesco; poi, promosso numero uno indiscusso del reparto tecnico, capace di generare quell'ambiente creativo tra i suoi sottoposti che ha prodotto una monoposto competitiva e una serie di trucchetti tecnici come l'olio bruciato insieme alla benzina in qualifica e il fondo flessibile, in seguito proibiti grazie alle soffiate dei rivali: «Penso che la questione dell'olio non sia direttamente rivolta a noi – ha smentito recentemente a microfoni accesi il dt – mentre il fondo non ha alcun impatto sulle nostre prestazioni». Eppure, proprio il caso del lubrificante sarebbe stato il motivo reale per cui lo stesso Binotto avrebbe chiesto la testa del capo progettista dei motori Lorenzo Sassi, retrocesso tra le polemiche ad occuparsi dei propulsori ibridi per le auto stradali. Sarebbe stato proprio quello il primo, vero esercizio di potere da parte del direttore tecnico, che ora vorrebbe scalare anche l'ultimo gradino della sua carriera in squadra, raggiungendo quel ruolo di team principal a cui già in passato era stato accostato.

Le rivendicazioni del capo
Dall'altro lato, invece, c'è Arrivabene, che rivendica i risultati ottenuti finora sotto la sua gestione sportiva, cominciata nel 2014, e che intende farli pesare per permettersi di continuare per la sua strada, e naturalmente di conservare la sua prestigiosa poltrona. Tanto che, in questa delicata partita a scacchi, il manager bresciano avrebbe mosso nientemeno che la Philip Morris, principale sponsor della Scuderia nonché suo ex datore di lavoro. Per sedare questo nascente conflitto sarebbe intervenuto in prima persona il presidente Sergio Marchionne, che forse non a caso ha voluto presenziare nel box domenica scorsa in occasione del Gran Premio d'Ungheria, assistendo con i propri occhi alla doppietta di Sebastian Vettel e Kimi Raikkonen. Perché sarebbe davvero imperdonabile se le lotte intestine e fratricide rallentassero la cavalcata trionfale della squadra, a dieci anni dall'ultimo titolo iridato vinto nella categoria regina dell'automobilismo, e proprio in occasione del settantesimo anniversario della casa fondata da Enzo Ferrari.