29 marzo 2024
Aggiornato 08:30
Formula 1 | Gran Premio d'Ungheria

Ferrari, un trionfo di squadra: il grintoso Vettel e il «vichingo» Raikkonen

Più ancora che i punti guadagnati in classifica e la velocità dimostrata dalla macchina, il lato positivo che la Rossa porta a casa dall'Hungaroring è la tenuta del team: Kimi ha rinunciato alle sue velleità di vittoria per aiutare il suo capitano, alle prese con un fastidioso problema allo sterzo

BUDAPEST – Con la doppietta nel Gran Premio d'Ungheria, la Ferrari non ha dimostrato solo di essere la macchina più veloce sullo stretto e tortuoso circuito dell'Hungaroring. Né solamente di aver rilanciato le sue ambizioni iridate, riportando a 14 punti il vantaggio di Sebastian Vettel in classifica generale all'inizio delle ferie estive. La conferma più importante, forse, è proprio quella giunta dalla tenuta della squadra, in una domenica rivelatasi molto più ostica di quanto fosse lecito aspettarsi alla vigilia.

L'inconveniente
Colpa di un problema allo sterzo che si è manifestato sulla monoposto del leader del Mondiale intorno a metà gara, quando fino a quel momento era sembrato capace di andare in fuga dal resto del gruppo. Un guasto che faceva piegare la Rossa di Seb verso sinistra, e che è continuato a peggiorare di giro in giro, costringendo il campione tedesco a rallentare il suo ritmo indiavolato di inizio corsa. «Speravo in un pomeriggio un po' più tranquillo, invece è stata dura – racconta il quattro volte iridato – Già quando ho schierato la macchina in griglia sentivo che qualcosa non andava: il volante non era dritto. Ma poi è andato peggiorando: ho provato ad adattarmi al problema, perché sapevo che non potevo risolverlo, e ne ho parlato con i tecnici via radio. Loro mi hanno consigliato di evitare i cordoli, ma era impossibile farlo senza compromettere la prestazione. Poi ho iniziato ad amministrare anche per evitare di rovinare le gomme posteriori». Proprio mentre le Mercedes, improvvisamente rivitalizzate nella seconda parte di gara, si lanciavano in rimonta. Un autentico calvario, insomma.

Il gregario
Per fortuna a fare buona guardia alle sue spalle c'era il suo fido scudiero Kimi Raikkonen, che lo ha difeso «come solo un vichingo sa fare», per usare le parole del team principal Maurizio Arrivabene. «Ho raggiunto Sebastian prima del mio pit stop, ero ancora veloce ma il team mi ha richiamato ai box, per coprire le Mercedes che si erano fermate in anticipo – spiega Iceman – Per tutta la gara, in pratica, ho seguito Seb, ma poi le Mercedes ci hanno raggiunto, e a quel punto gli ho chiesto di andare più forte che poteva, senza risparmiare le gomme. Mi sono ritrovato stretto tra l'incudine e il martello, una posizione terribile: bastava uscire male dall'ultima curva e il pilota che mi stava dietro, approfittando dell'ala posteriore mobile, mi avrebbe superato. Ma oggi non mi sono dovuto preoccupare troppo: la macchina era grandiosa e mi ha permesso di stare attaccato al mio stesso alettone posteriore... o meglio, a uno uguale al mio!».

L'abbraccio
Rinunciare alle sue personali velleità di vittoria non è stato semplice, per Kimi, ma anche stavolta ha messo il bene della squadra davanti al suo. «Avrei potuto vincere, ma per il team è stato un ottimo risultato – prosegue il finlandese – Questo era il piano: Seb si è preso la pole ieri ed è scattato per primo. Il nostro obiettivo, in qualsiasi caso, era di portare a casa la doppietta e ci siamo riusciti. Semmai do la colpa a me stesso per le qualifiche di ieri: senza quell'errore avrei avuto migliori chance oggi in gara». Ma poco conta. Di fronte al pilota più forte di giornata (almeno secondo i telespettatori che hanno votato sul web) si è tolto volentieri il cappello perfino il suo capitano Vettel: «Kimi era velocissimo, più di me per la maggior parte della corsa». Ma si è sacrificato. Un modo per ripagarlo, comunque, il suo amico Seb lo troverà. Per esempio, insistendo (come ha fatto) per riconfermarlo al suo fianco anche nella prossima stagione...