19 aprile 2024
Aggiornato 21:00
L'ex capo della Scuderia si racconta

Jean Todt rivela: «Perché lasciai la Ferrari». E si commuove per Schumacher

Un'intervista insolitamente privata, quella che il presidente della Federazione internazionale dell'automobile ha rilasciato al Corriere della sera. In cui parla a cuore aperto, spaziando dai suoi anni indimenticabili alla Rossa fino ad oggi

Jean Todt stringe la mano a Michael Schumacher
Jean Todt stringe la mano a Michael Schumacher Foto: Ferrari

ROMA – Uno Jean Todt insolitamente privato, quello che si è offerto ai microfoni di Giorgio Terruzzi per il Corriere della sera. Un presidente della Fia, storico team principal della Ferrari stravincente dei primi anni 2000, che concede uno sguardo indiscreto al di là di quel muro di distacco e riservatezza dietro il quale si è sempre protetto. Così capita anche che, quando il decano dei cronisti dei motori gli chiede un parere sul ritiro choc di Nico Rosberg, Todt accetti di svestire i panni istituzionali e risponda con sincerità: «Quando viaggiare al limite diventa una sofferenza, puoi decidere di non farlo più – spiega – Soprattutto se hai 31 anni, una famiglia a cui tieni, e vuoi dare un senso diverso alla tua vita. La scelta di Rosberg va rispettata. È una scelta da privilegiato, intendiamoci, perché la maggior parte delle persone non può permettersi nulla del genere. Ma Nico se l’è guadagnata. Il Mondiale l’ha vinto lui». E invece lui, Jean, perché decise di andarsene da Maranello? «Ho lasciato la Ferrari perché non ne potevo più di sopportare la pressione di chi deve vincere ogni domenica. E poi ogni ciclo va chiuso. Avevo raggiunto i miei obiettivi, ero interessato a misurarmi con una sfida diversa. No, non vivo di rimpianti. Penso al passato solo quando qualcuno me lo ricorda».

Legato a filo doppio con Schumi
Nei suoi sedici anni a capo della Scuderia, il francese costruì un rapporto speciale con la leggenda Michael Schumacher: «Certe cose non si dicono, si fanno e basta – racconta – È una sfera che deve restare privata. Sono molto legato a Michael. Non è mai stata una persona facile nel concedere la propria amicizia. Con me lo fece e queste cose creano relazioni molto forti. Amicizia e affetto, per sempre. Quando gli chiesi di impegnarsi sulla sicurezza stradale accettò subito. Ero convinto che lui, così come la mia compagna, Michelle Yeoh, fossero dei testimonial perfetti e ho visto il loro entusiasmo. Per sostenere l’Istituto del cervello e del midollo spinale, Michael si mosse subito. Nessuno sembrava interessato ad un tema del genere: lui lo era eccome. Abbiamo lavorato insieme sin da quando Corinna era una ragazza. Ho visto crescere la famiglia, i loro figli». A proposito di figli, cosa pensa di Mick, il figlio d'arte che oggi si affaccia al mondo delle corse? «Un ragazzo fantastico. Intelligente, semplice e appassionato. Lui sa che ci sono, sono qui. Spero che realizzi i suoi sogni».

I limiti della Rossa di oggi
E alla Ferrari di oggi, così diversa dalla sua, quella dell'era Arrivabene e Marchionne, cosa manca per tornare allo stesso dominio di quegli anni? «Il 10% rispetto alla Mercedes; il 3% rispetto alla Red Bull. Poco. È sempre protagonista, ha fatto progressi enormi in un’epoca ad altissima affidabilità. Se avessi avuto io l’affidabilità della Ferrari di oggi, avremmo vinto anche il Mondiale 2008 con Massa e quello del 2006 con Schumacher».