19 aprile 2024
Aggiornato 08:00
La provocazione delle Frecce d'argento non cade nel vuoto

Valentino Rossi-Mercedes? L'idea affascina anche Giacomo Agostini

«Tanto fumo e niente arrosto» dietro la «battuta» di Toto Wolff secondo il campionissimo delle due ruote, che anche lui provò il passaggio in F1 a fine carriera. Ma Stefano Domenicali ricorda che nei test Ferrari Vale «non sfigurò»

Valentino Rossi al volante della Ferrari
Valentino Rossi al volante della Ferrari Foto: Ferrari

ROMA – Chissà se il team principal della Mercedes Toto Wolff si aspettava davvero di scatenare un tale putiferio con uno scherzo: «Un'ipotesi è quella di offrire la macchina a Valentino Rossi oppure Jorge Lorenzo». Che il Dottore, alla tenera età di quasi trentott'anni, possa davvero mollare il Motomondiale dove è ancora competitivo per tentare l'impervia strada della Formula 1, non ci crede davvero nessuno. Eppure, è bastato ventilare l'idea perché molti ne rimanessero intrigati. Compreso un campionissimo delle due ruote come Giacomo Agostini, che la definisce «una battuta, forse una provocazione non priva di fascino. Tanto che se ne sta già parlando molto. In ogni caso, già solo il fatto che Wolff abbia fatto il nome di Valentino, oltre a quello di Jorge Lorenzo, è qualcosa che di sicuro ti può lusingare. Però, da qui a poter pensare che ci sia anche dell’arrosto oltre al fumo...».

Altri tempi
Eppure il passaggio alle auto è un'impresa che storicamente ha sempre affascinato i fenomeni delle moto: «Qualche anno fa Valentino ci ha anche pensato davvero a fare il grande salto, ma oggi che, nonostante la grande competitività che ancora dimostra, è a fine carriera, né lui né la Mercedes possono davvero pensare a una mossa del genere – prosegue Ago alla Gazzetta dello sport – So di cosa parlo, perché è una strada che anche io ho tentato, a mia volta dopo avere chiuso con le moto. Per la verità, quando ero ancora giovane Enzo Ferrari mi chiamò e mi propose di lasciare le moto per le auto. Ci ho pensato seriamente tre giorni e tre notti, poi mi sono detto che dio mi aveva dato questo dono, che sin da bambino le due ruote erano tutto quello che avevo in testa, che vincevo, ero sempre sul podio, ero il numero uno. Perché avrei dovuto lasciare tutto quello, qualcosa di certo per molto di incerto? Nella vita ci dobbiamo anche accontentare. Così presi il telefono, chiamai Ferrari e lo ringraziai. Non so se, quando tra il 2004 e il 2006 Valentino fece quei test con la Ferrari e considerò di passare in F1, abbia fatto i miei stessi ragionamenti, ma presumo di sì. Anche perché, per correre a un livello così alto ci vuole tempo per imparare, e il tempo in F1 è proprio l’unica cosa che non c’è. Una volta Niki Lauda mi disse: 'Giacomo non capisco, ho impiegato sette anni per andare forte in Formula 1 e la gente vuole che tu vada forte in un anno'. E aveva ragione». Lui stesso, dopo aver vinto quindici campionati del mondo nelle due ruote, ha tentato il grande salto: «Quando mi ritirai dalle moto provai la Formula 2. Io non sono uno come Rosberg o Stoner, ho sofferto tanto, lasciare l’amore della mia vita fu dura, e a 35 anni ero ancora giovane. Così, per dimenticare provai a buttarmi in questa nuova avventura. Però impiegai un anno a capire come lavorare sulla macchina, come essere veloce in curva. E fu pure un anno in cui sbagliai monoposto, la Chevron era troppo nervosa, andava guidata come un kart e io non padroneggiavo quella tecnica. Provai la March di Bruno Giacomelli e fui subito più veloce di mezzo secondo. L’anno dopo passai alla F1 Aurora e mi divertii subito molto di più. Sesto, quinto, secondo... la sfortuna volle però che l’anno successivo, quando mi sentivo più pronto e competitivo, vennero introdotte le minigonne e il mio sponsor aveva appena sborsato una fortuna per due monoposto che non le montavano. E così mi ritrovai sempre staccatissimo. Però fu una bella esperienza e immagino che anche Valentino potrebbe divertirsi anche se non sarebbe mai in grado di lottare per le primissime posizioni: oggi chi arriva in F1 non ha neppure 18 anni. Poi, però, guardi i risultati del Rally di Monza, vedi che Rossi ha vinto e ti dici: ecco perché la Mercedes lo vuole».

Il precedente Ferrari
Ne sa qualcosa Stefano Domenicali, oggi presidente della Lamborghini, che ai tempi in cui era team principal della Ferrari quasi ci riuscì ad attirare il campione di Tavullia in Formula 1: «Rossi in quei test diede conferma di avere un talento e una capacità tecnica tale da non sfigurare neppure con le quattro ruote, come ha dimostrato ancora una volta vincendo il Rally di Monza – ricorda – Allora, e parliamo di dieci anni fa, Valentino era pronto per correre in F1, poi lui decise diversamente e la storia finì lì. Perché le prove sono una cosa, ma in gara non sei più solo e i duelli corpo a corpo al volante di una monoposto sono diversi da quelli in sella alla moto, così come le traiettorie e le strategie».