19 aprile 2024
Aggiornato 21:00
Movimento 5 stelle

Di Maio: «Europa ha un futuro e può salvarci»

Il candidato premier del M5s: Non è cambiata la nostra linea ma le condizioni in seno all`Ue. Non ci sono più governi monolitici che ci schiacciavano»

ROMA - «Si dice che l'Europa sia il motivo per cui non scoppiano guerre, ma io una guerra in corso la vedo, è una guerra sociale alimentata da disparità e povertà». Lo dice Luigi Di Maio in una intervista alla Stampa. «Non dico che l'Ue ne sia la causa principale - spiega il candidato premier M5S - ma sono certo che possa essere lo strumento per risolverla». «Sono state rimandate - sottolinea il vicepresidente della Camera - alcune grandi questioni europee. Così si è arrivati alla Brexit. La parola d'ordine di un governo M5S deve essere 'dialogo con gli altri Paesi in una condizione favorevole per l'Italia' che, di nuovo, può rivendicare la posizione di seconda potenza manifatturiera, Paese fondatore e alla pari con gli altri. Mi spiego? Chi ci incitava ad assicurare la stabilità oggi è più instabile di noi».

Restare in Ue senza ultimatum
M5S è dunque un partito per l'Europa? «Noi vogliamo restare e senza ultimatum. Ma occorre intervenire su alcune questioni, a partire dal governo dell'Ue. Una proposta centrale è l'eliminazione dello sbilanciamento istituzionale. Oggi il Consiglio Ue è gestito dai governi che decidono all'unanimità sulle materie di maggior interesse per i cittadini, come il fisco. La nostra proposta trasferisce i maggiori poteri al parlamento europeo, che rappresenta i cittadini e va più legittimato di governi che sono sempre più di minoranza. Parlamento e Commissione devono avere potere di iniziativa legislativa. Bisogna rendere più efficace l'azione». «Non è cambiata la nostra linea - conclude Di Maio - ma le condizioni in seno all'Ue. Non ci sono più governi monolitici che ci schiacciavano, i grandi sono ridimensionati. L'Italia può farsi valere». Quanto al referendum sull'euro, il leader M5s dice: «La consideriamo una extrema ratio. Mentre vedo ampi margini di contrattazione su deficit per favorire la crescita».