19 marzo 2024
Aggiornato 05:30
L'intervista

Sandri: «Chiediamo i danni al governo Conte per la malagestione del Covid»

L'avvocato Mauro Sandri, del foro di Milano, spiega al DiariodelWeb.it le ragioni della sua class action per la richiesta di risarcimento danni al governo italiano

Giuseppe CONTE, Presidente del Consiglio
Giuseppe CONTE, Presidente del Consiglio Foto: Filippo Attili ANSA

È partita in queste settimane la class action per richiedere il risarcimento del danno materiale, morale, biologico e di relazione subìto dai cittadini italiani, dalle famiglie, dai liberi professionisti, imprenditori e imprese, per via delle misure d'emergenza emanate dal governo Conte, prima fra tutte quella del lockdown. A promuoverla sono decine di legali di tutte le Regioni d'Italia: in testa l'avvocato Mauro Sandri, del foro di Milano, che il DiariodelWeb.it ha contattato per conoscere i dettagli di questa causa civile.

Avvocato Mauro Sandri, quali sono le motivazioni della richiesta di risarcimento danni che sta promuovendo contro il governo italiano?
Le ragioni sono spiccatamente scientifico-giuridiche. La tesi che avanziamo con questo atto è che l'emergenza Covid sarebbe stata gestibile attraverso un'ordinaria diligenza dei mezzi sanitari che uno Stato europeo avrebbe dovuto avere. Noi rovesciamo la narrativa secondo cui il coronavirus sarebbe un'emergenza non arginabile, anzi, con i dati statistici documentiamo che si tratta dell'esatto contrario. Una buona capacità di contrasto sarebbe stata sufficiente ad evitare qualsiasi allarmismo e, soprattutto, il lockdown.

Sta dicendo che questa situazione si è creata non perché il Covid-19 è una malattia particolarmente grave, ma perché è stata gestita male?
Esatto. Le misure coercitive che stiamo subendo non derivano dal gradiente di virulenza del virus, ma vanno poste in esclusiva correlazione con la negligenza del sistema sanitario nazionale.

Su quali basi lo afferma?
In base agli studi che abbiamo effettuato in questi mesi. Ovviamente la causa è molto articolata, si compone di svariate decine di pagine. Partiamo però da una premessa essenziale: l'Italia è un Paese di 60 milioni di abitanti, che, a febbraio-marzo, aveva solo 5090 posti di terapia intensiva.

Questi numeri evidentemente insufficienti, però, più che alla gestione dell'attuale governo sembrerebbero imputabili ai tagli alla sanità avvenuti nel corso degli ultimi decenni.
Siamo ad un assurdo: le stesse persone che hanno tagliato per anni, cioè i presidenti di Regione, ora chiedono soldi per riattivare quei posti che prima hanno cancellato. Siamo alla fiction. Noi italiani accettiamo supinamente le angherie consumate da questi soggetti inadeguati. Ma non è questo il solo problema.

E qual è?
Il Covid-19, che io considero comunque una simil-influenza, sebbene più virulenta delle precedenti, si diffonde in Cina già a settembre-ottobre dell'anno scorso. In Italia il governo pubblica sulla Gazzetta ufficiale la dichiarazione di emergenza sanitaria nazionale il 30 gennaio. Il 10-12 febbraio viene costituito il Comitato tecnico-scientifico. Nei verbali secretati c'è una cosa importante: nella relazione del 7 marzo il Cts, appena insediato, fa presente al governo l'urgenza di incrementare i posti di terapia intensiva.

E cosa succede?
Che intanto il ministro Speranza è andato in televisione da Fazio, insieme a Burioni, intorno al 20 febbraio, dicendo che il sistema sanitario italiano è prontissimo, è il migliore al mondo, e che i cittadini devono stare tranquilli che il Covid in Italia non creerà problemi. Dopo 8-10 giorni vengono chiuse quattro province, poi otto, e poi il 9 marzo viene chiuso tutto il Paese. Dunque la sottovalutazione del fenomeno, nella fase preliminare, è documentata.

E per quanto riguarda la gestione successiva?
Alla totale impreparazione si aggiunge una negligenza gestionale inescusabile. L'incremento dei posti di terapia intensiva, per un mero 20%, avviene con il decreto di maggio. Quindi tutto il periodo di picco, di diffusione e di mortalità in eccesso si concretizza in assenza di intervento da parte dell'autorità sanitaria nazionale. Si arriva al punto per cui molti anestesisti di importantissimi ospedali rilasciano agli organi di stampa dichiarazioni secondo cui hanno dovuto scegliere i pazienti da intubare. Ovvero che alcune persone sono state uccise per carenza di mezzi. Questo è gravissimo, anche se è passato praticamente inosservato. Di fronte a dichiarazioni di questo genere, in un Paese normale, non ci sarebbe stato bisogno della mia azione legale.

In compenso si è deciso di optare per il lockdown.
Invece di sparare all'orso, che è lì davanti, si fa una strage di tutti gli uccellini intorno. Con danni enormi. Sarebbe bastata l'ordinaria diligenza, nel periodo cruciale, per evitare tutti questi morti.

Quindi il lockdown è stata una misura sbagliata, secondo lei?
Facciamo il confronto con la Svezia, che non lo ha introdotto. Al contrario di quanto si favoleggia, la mortalità, in quel Paese, è stata inferiore alla media.

Oltre al numero dei morti, però, si parla molto di quello dei contagi.
E anche su questo si porta avanti un falso. In un anno e mezzo di coronavirus siamo a 600 mila contagiati, a fronte di milioni di tamponi. Ma negli anni passati i contagi per influenza erano da cinque a nove milioni. Creare allarmismo sul numero dei contagi, che sono circa un decimo degli anni precedenti, è assurdo. Una disinformazione gravissima. Come quella sul riempimento dei posti di terapia intensiva: l'Italia oggi è sotto al 30%, a fronte di una media dell'85% nel periodo invernale, secondo i dati Ocse. Questi sono i dati.

Quindi, in concreto, chi può chiedere i danni sulla base della sua causa civile, e a chi?
Governo italiano e ministero della Sanità sono citati in giudizio a rispondere del loro operato. Il danno, non patrimoniale, riguarda ciascun cittadino che è rimasto recluso per il lockdown dovuto alla negligenza. Noi parametriamo i danni sulla base dell'ingiusta detenzione, che è prevista per legge. La seconda categoria riguarda chi ha avuto danni economici: tutte le partite Iva possono chiedere il differenziale tra i fatturati 2019 e quelli 2020.

In quanti hanno aderito, fino ad ora?
Io sono partito con un mio nucleo di una cinquantina di persone, che adesso è già lievitato ad un migliaio circa. Ma questa è una causa corale, che porto avanti con almeno un centinaio di altri avvocati che ho associato.

Quali sono i prossimi passi che ha in programma?
I primi riscontri li avremo molto presto. Il 26 novembre discuterò al Consiglio di Stato la richiesta, che ho avanzato per conto di centinaia di insegnanti, di alunni e di genitori, per l'eliminazione delle misure prese dalla ministra Azzolina nelle scuole. Il 2 dicembre discuterò al Tar del Lazio la richiesta di abolizione delle misure varate dal governo Conte nell'ultimo Dpcm. Siamo di fronte ad iniziative concrete che, nel giro di quindici giorni, avranno esito in sentenze. A quel punto si esprimeranno i magistrati.