25 aprile 2024
Aggiornato 02:00
Nomine

«Foa cambi i direttori dei tg Rai»: l'idea della Lega rischia di fallire

La strategia leghista: un blitz del presidente bocciato (ma facente funzioni) per sostituire i vertici dell'informazione. Il M5s preferisce una figura di garanzia

Marcello Foa raggiunge la sede della Rai di Viale Mazzini a Roma per il Consiglio di Amministrazione
Marcello Foa raggiunge la sede della Rai di Viale Mazzini a Roma per il Consiglio di Amministrazione Foto: ANSA/PERI - PERCOSSI ANSA

ROMA – Da una parte c'è Matteo Salvini, che intende andare avanti sul nome di Marcello Foa per la presidenza della televisione pubblica: «Noi tiriamo diritti per il cambiamento anche in Rai – ha spiegato a SkyTg24 – L'unico che deve spiegare qualcosa, non a me ma agli italiani, è Silvio Berlusconi che dice no a un presidente da un'area culturale di centrodestra, che viene dal Giornale, liberale, libero?». Dall'altra, il resto del centrodestra non intende fare retromarcia: «Su Foa la questione è di metodo, non certo sulla persona – afferma Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera, in un'intervista a Il Tempo – Se Salvini non ha sentito la necessità di un confronto, non poteva sperare che da Forza Italia non arrivasse una reazione. Ora, mi pare logico che per ripartire serva un'altra figura, sempre gradita alla Lega, certo, ma condivisa».

Il piano B
Un punto di vista sul quale, questa è la vera novità degli ultimi giorni, si starebbero attestando anche i Cinque stelle: meglio spostare Marcello Foa al vertice di qualche altra struttura, per far posto nel cda della tv di Stato ad un altro nome, una figura di garanzia concordata con le opposizioni, appunto. La strategia della Lega, invece, era quella di sfruttare il bocciato Foa come consigliere anziano (e quindi presidente provvisorio) per iniziare a cambiare i direttori dei telegiornali: una questione che sta molto a cuore alla maggioranza pentaleghista, che insiste per avere un'informazione capace di raccontare il governo del cambiamento. Peccato che la legalità di questo modo di operare sia tutta da dimostrare. Il rappresentante dei dipendenti Rai nel cda, Riccardo Laganà, ha scritto infatti a Mattarella (ma anche ai presidenti delle Camere e al procuratore generale della Corte dei Conti) lasciando intendere che gli atti firmati Foa come presidente facente funzione potrebbero essere ritenuti nulli a termini di legge, ipotizzando addirittura un danno erariale.

Il nodo del consigliere anziano
Un rischio che mette in luce anche il centrosinistra: «Dopo la bocciatura della Vigilanza che ha fatto cadere la nomina di Marcello Foa a presidente Rai, ora è a rischio anche la sua stessa permanenza del cda, che a questo punto rappresenterebbe una violazione dell'articolo 21 comma 2 dello Statuto Rai», scrive su Facebook il deputato del Partito democratico Michele Anzaldi, segretario della commissione di Vigilanza Rai. «Questo comma – prosegue Anzaldi – elenca i requisiti per far parte del Consiglio e tra quanto previsto c'è anche la 'notoria indipendenza di comportamenti'. Che indipendenza dal governo può avere un presidente del servizio pubblico il cui figlio lavora proprio per il governo, a chiamata diretta, addirittura nello staff del vicepresidente del Consiglio e, questione ancora più delicata, ministro dell'Interno? È evidente che, in una situazione del genere, Foa può essere oggetto di qualsiasi tipo di condizionamento da parte dello stesso Salvini, peraltro il principale sostenitore della sua nomina. A questo punto l'unico scenario compatibile con la legge è quello già anticipato da Fnsi e Usigrai: dimissioni dal cda. Non soltanto, quindi, Foa non può in alcun modo presiedere il cda neanche come consigliere anziano, dopo il parere contrario ad personam espresso dalla Vigilanza, ma non può neanche continuare a farne parte. Il premier Conte e il ministro Tria, che hanno la responsabilità giuridica di aver indicato Foa al Consiglio dei ministri, avrebbero dovuto chiarire subito se fossero a conoscenza del legame di carattere familistico che unisce Foa a Salvini. Ora il loro silenzio diviene addirittura imbarazzante», conclude.