19 aprile 2024
Aggiornato 02:00
Immigrazione

La ong fugge in Spagna «dopo le parole di Salvini». Ma quanti dubbi sulle loro accuse...

La nave che trasporta i cadaveri di una donna e di un bambino annegati al largo della Libia e la superstite Josephine ha chiesto il coordinamento di Madrid

ROMA – Si sta dirigendo verso la Spagna la nave di Open Arms con a bordo la camerunense Josephine, unica superstite del naufragio avvenuto in acque libiche, e i cadaveri di un'altra donna e di un bambino. La ong spagnola chiede infatti che Madrid assuma la regia dell’operazione di salvataggio lanciata ieri, puntando il dito contro «fattori critici» implicati dal coordinamento italiano e annunciando di aver deciso di fare rotta verso le coste spagnole. «Abbiamo chiesto al centro di coordinamento marittimo spagnolo di assumere il coordinamento dell’operazione di salvataggio che abbiamo svolto martedì mattina, in cui sono stati recuperati i corpi senza vita di una donna e di un bambino e un sopravvissuto al naufragio avvenuto nel pomeriggio del giorno precedente – dichiara in una nota l’organizzazione catalana – Facciamo questa richiesta perché consideriamo che l’attracco in un porto italiano, assegnato dalle autorità italiane ieri alle 23:04 con l’indicazione del porto di Catania, presenta molti fattori critici. Il primo è rappresentato dalle dichiarazioni del ministro dell’Interno italiano, Matteo Salvini, che ha definito ‘Menzogne e insulti’ la documentazione che offriamo attraverso la pubblicazione delle tragiche immagini dell’area marittima dove precedentemente era stata condotta un’operazione della guardia costiera libica. Pertanto, è incomprensibile che proprio mentre comunicavano la disponibilità a ricevere la donna salvata in uno stato di grave ipotermia, questo non è stato accompagnato dalla stessa disponibilità per i due cadaveri trovati. Allo stesso modo, il ripetuto annuncio di una sorta di controindagine sugli eventi inequivocabili verificatisi lunedì notte da noi documentati, porta a far temere per la protezione della donna sopravvissuta anche riguardo la sua completa libertà di testimoniare in condizioni di tranquillità e sicurezza. Per tutti questi motivi – conclude il comunicato – abbiamo deciso di dirigere le nostre navi verso le coste spagnole».

Le smentite
Il ministro dell'Interno Matteo Salvini, però, non ci sta e con un post su Twitter respinge al mittente le accuse, sollevando dubbi: «Nonostante la nostra disponibilità di porti siciliani, la nave ong va in Spagna, con donna ferita e due morti... Non sarà che hanno qualcosa da nascondere?». Del resto, qualche incognita sulla ricostruzione della vicenda da parte della ong erano emersi fin dalle prime ore. Due testimoni, una giornalista tedesca e un freelance libico presenti a bordo della nave al momento dei soccorsi, avevano infatti offerto un racconto di senso completamente contrario: «In mare – sostengono – non c'erano corpi». La stessa Guardia costiera libica ha respinto l'accusa di aver abbandonato due donne e un bambino, precisando di essere intervenuta, lunedì scorso, a favore di altre due imbarcazioni. Interpellata dalla France presse, la Guardia costiera ha smentito, precisando che le due operazioni di soccorso condotte lunedì scorso hanno visto coinvolte altre imbarcazioni: un gommone con 158 persone a bordo, intercettato a 16 miglia da Khoms, lontano da dove è stato rinvenuto il gommone delle due donne; un secondo gommone, con 165 persone, è stato soccorso a 76 miglia da Garabulli, molto vicino alla zona dove è intervenuta Open Arms. Tra i 165 migranti soccorsi dopo essere stati alla deriva per per più di 60 ore, senza acqua e cibo, c'erano 34 donne e 12 bambini. Sull'imbarcazione è stato anche rinvenuto il corpo senza vita di una neonata di un mese. In un comunicato, la Guardia costiera ha ricordato di non avere strumenti per condurre operazioni di sorveglianza e salvataggio nelle ore notturne e di non recuperare i cadaveri, anche per il rifiuto delle autorità di Tripoli di farsene carico all'arrivo, per mancanza di spazio negli obitori o nei cimiteri.

La testimone
Sostiene invece di avere visto con i suoi occhi il ritrovamento di due cadaveri, quello di una donna e di un bambino nudo, al largo della costa libica, e di avere assistito al salvataggio di una donna camerunense rimasta tra le onde per 48 ore Annalisa Camilli, giornalista di Internazionale, anche lei a bordo della nave della ong spagnola Proactiva Open Arms. Ci racconta come sono andate le cose: «Ieri mattina siamo arrivati con la nave Open Arms e con il veliero Astral a circa 80 miglia a est di Tripoli. Abbiamo avvistato i resti di un gommone, sgonfio, con molti detriti a fianco. Sono state calate lance di soccorso; subito abbiamo visto che c'erano due corpi, il corpo di una donna riverso su una tavola di legno e vicino al suo corpo quello di un bambino tutto nudo, tra i 3 e i 5 anni. Inoltre c'era un'altra donna attaccata a una tavola, non si capiva se fosse viva o morta. Un soccorritore spagnolo si è buttato in acqua per salvarla. La donna ora sta bene, anche se ha rischiato di morire. Non ce l'ha fatta il bambino morto di ipotermia e sarebbe morto poco prima che fossimo arrivati. Questa è stata la peggiore notizia. Cosa ha raccontato la donna sopravvissuta?». Josephine è confusa, sotto choc. Ieri era in uno stato confusionale molto forte. Ha raccontato di essere scappata dal Camerun perché picchiata dal marito molte volte. Era a bordo del gommone insieme ad altre persone, ma finora non è stata capace di ricostruire che fine abbiano fatto le altre persone. Da quello che hai potuto capire come sono andate le cose? «Non mi sento di dare una versione definitiva dei fatti. Credo che dobbiamo attendere la ricostruzione della donna. Ha raccontato di essere stata picchiata dai libici». Come rispondi a Salvini che sostiene si tratti di una fake news l'intera vicenda e ai giornalisti tedeschi che ritengono che la nave della guardia costiera libica non avrebbe visto altra gente in mare? «Una fake news non mi sembra: ho visto i due cadaveri con i miei occhi. Sono qui a bordo. E c'è una donna sopravvissuta. Ora quello che è successo non si sa. Mi sembra presto per dirlo. Open Arms accusa i libici perché nelle ore precedenti al ritrovamento i libici parlavano con il mercantile Triadrest e parlavano di un gommone da salvare a 70 miglia dalla costa libica. Per questo, insieme all'altra stranezza di non aver ritrovato altri corpi, hanno fatto muovere le accuse di Open Arms. È presto per capire come sono andate le cose».