18 aprile 2024
Aggiornato 20:30
Lavoro

L'incredibile storia di Luca Incarnato, l'uomo che si incatena davanti al Comune di Torino sventolando la tessera del Pd

Ex letturista, perde il lavoro a causa di un infortunio e di una fusione societaria. E' la terza volta che si incatena sotto il Comune di Torino

TORINO - E' un tesserato del Partito Democratico, che crede(va) ancora che la sua organizzazione politica perseguisse la difesa dei lavoratori, in particolare quelli disabili. La vita però, a volte, sa accanirsi contro i deboli e gli ultimi: e con Luca Incarnato, anni cinquanta, la vita non si è risparmiata. Ha scritto perfino all'ex segretario Matteo Renzi una accorata lettera da militante e da lavoratore. Poi ha aperto gli occhi, e ha deciso di muoversi da solo. Il suo racconto ricorda una celebre battuta di Gian Maria Volonté, quando nei panni dell'operaio Massa scandiva: "Io la mia battaglia la combatto da solo». Qualche giorno fa Luca Incarnato di Gronscavallo, provincia di Torino, si è incatenato per la terza volta sotto il Comune di Torino, chiedendo un incontro – ottenuto, ha visto due assessori della Giunta Appendino – con qualcuno che potesse risolvere la sua surreale situazione lavorativa che l'ha portato a compiere gesti estremi. Nel caldo soffocante della città ormai abituata a tutto, Incarnato porta avanti la sua lotta. Una condizione kafkiana in cui il mercato detta regole, la sfortuna fa la sua parte, la giustizia dimostra la sua implacabile rigidità, e lui viene stritolato.

Una storia senza senso
Sotto il sole cocente di luglio, senza un filo di ombra in una una piazza deserta e distratta, Incarnato ha resistito diverse ore sventolando la sua tessera del Partito Democratico. Giunto a sera ha avuto un collasso ed è stato portato al pronto soccorso di un ospedale poco distante. Fine della terza protesta estrema, ma già promette che appena sarà in forza tornerà: «Ne va della mia vita, è il mio lavoro quello che rivoglio. Che colpa ho, che colpa sto pagando?», si domanda. La sua disavventura, prosegue, nel tempo che passa, nell'indifferenza, nel mare di guai che colpiscono gli italiani che non colgono "i frutti della ripresa». Ci vorrebbe una decisione coraggiosa da parte della politica, che però tentenna. «E' la terza volta che vengo qua sotto perché non voglio essere travolto da una fusione finanziaria che ha distrutto la mia vita. Vengo con la tessera del mio partito, e del mio sindacato, la Cisl, perché da loro mi aspettavo un appoggio molto diverso: manca l'umanità, manca tutto ormai».

La sentenza che lo condanna
A condannarlo c'è addirittura una sentenza di un giudice del lavoro di Torino, che in virtù delle sua inidoneità ad una mansione per cui era stato riconosciuto inidoneo – la vicenda è surreale, dicevamo – ha giudicato corretta la cessazione del rapporto di lavoro che l'ha colpito. Luca Incarnato lavorava per la Sicea, servizi idrici, e dopo una fusione con il gigante dell'acqua Smat, una Spa il cui pacchetto azionario è detenuto integralmente da enti pubblici, viene inserito nell'organico come letturista, il personale che legge il contatore nelle case private. Mestiere per cui era stato però giudicato inidoneo, a causa di un grave infortunio sul lavoro, in virtù del quale era stato spostato ad altre mansioni. Ma dopo la fusione si ritrova nuovamente tra i letturisti, non si sa per quale ragione. Tutti accettano, lui no: ovviamente. E finisce quindi tra gli esuberi. Incarnato non firma l'accordo e chiede di essere spostato ad un altra mansione: «Non ero più abile per quel mestiere, ho avuto un infortunio serio. Come potevo fare un mestiere per cui sono stato giudicato inabile?». Incarnato dopo la mobilità fa causa a Smat ma perde: il giudice del lavoro sentenzia che non vi era alcun obbligo legale per Smat di acquisire personale della Sicea. Sentenza che schiaccia come un macigno la vita di Luca, che si ritrova solo, con un'anziana madre, a oltre cinquant'anni.

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Una via d'uscita umana e politica
Ma l'ex letturista non molla e chiede di spostare la sua storia su un piano politico e umano: perché Smat è un'azienda pubblica che, in linea teorica, dovrebbe perseguire scopi non esclusivamente riconducibili al pareggio di bilancio e all'estrapolazione di valore per i soci. Cosa che peraltro fa, per molti altri aspetti. Probabilmente durante l'attuale legislatura pentastellare, Smat potrebbe perfino essere trasformata in un'azienda di diritto pubblico. «Io non ho nessuna colpa per quanto accaduto: io ho solo voglia di lavorare ma a oltre cinquant'anni nessuno mi prende», protesta. Il primo azionista di Smat è il Comune di Torino, ragione per cui Incarnato si incatena fino allo svenimento di fronte al palazzo nell'aprile e nel maggio del 2017. Poi il terzo tentativo. Il suo ragionamento è lineare e difficilmente confutabile; «Per ragioni squisitamente economiche il mio infortunio è stato giudicato come una colpa, come se non avessi voglia di lavorare. Io ero un dipendente Sicea, non uno che passa e chiede la carità. E' un'ingiustizia. Il mio partito e il mio sindacato mi hanno abbandonato: chi difende il lavoro in questa povera Italia? Oggi mi rivolgo agli azionisti di Smat, perché non mi giudichino anche loro colpevole di qualcosa che non ho fatto: voglio solo lavorare». Incarnato è stato incontrato da due assessori della maggioranza Cinque stelle, che hanno promesso che si occuperanno del caso. Cosa potranno fare? «Io proseguirò a protestare per questo trattamento disumano, e lo farò fino alle estreme conseguenze».