19 marzo 2024
Aggiornato 11:00
Governo

Il M5s e l'abbraccio mortale al Pd: dieci anni di rivoluzione grillina stanno per scomparire?

Da Torino a Roma: l'alleanza tra M5s e Pd non è più un tabù, ma un dato politico

Il candidato premier del M5s, Luigi Di Maio
Il candidato premier del M5s, Luigi Di Maio Foto: ANSA/FLAVIO LO SCALZO ANSA

ROMA - Solo pochi giorni fa, a Torino, la sindaca Chiara Appendino e il di lei assessore al Commercio Alberto Sacco proponevano una delibera inerente la trasformazione di una partecipata, Turismo Torino, in Srl (di cui noi del DiariodelWeb.it siamo entrati in possesso come potete vedere dalle immagini): nulla di particolare. Sennonché nella pagina introduttiva, quella che detta l’impostazione culturale, si poteva leggere tale dicitura: «Il percorso che ha portato la città a emanciparsi da un passato industriale, legato principalmente all’industria dell’auto e dell’indotto, ha avuto una delle sue tappe fondamentali nella organizzazione dei XX Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006. Le Olimpiadi infatti sono state senz’altro un volano per l’immagine non solo della città, del suo patrimonio artistico, ma anche del territorio circostante». Ovviamente si può dare qualsiasi valutazione di quel grande evento, che ora si vorrebbe ripetere a distanza di pochi anni. Si può pensare, come legittimamente hanno fatto la coppia Fassino-Chiamparino per anni, portandole a valore supremo dell’opera politica del Partito Democratico, che i Giochi siano stati un trionfo. Ma questo non può farlo, in nessun caso, il M5s: che ha vinto le elezioni comunali di appena due anni fa con una critica feroce, spietata, esagerata perfino, delle Olimpiadi del 2006.

Dov'è finita la critica alle Olimpiadi?
Le Olimpiadi di Torino 2006 sono state viste dal M5s come il grande male della città, che ha lasciato voragini finanziarie enormi, aperto la strada al saccheggio da parte della criminalità organizzata, lasciato sul territorio impianti abbandonati dal valore di centinaia di milioni di euro, rovinato piccoli imprenditori che non sono stati pagati: questa è sempre stata la visione del M5s delle Olimpiadi di Torino. Nel giro di appena due anni, le Olimpiadi per il M5s di Torino sono diventate un «volano» e tutto il resto. Scoperta la capriola carpiata da una consigliera di minoranza della sinistra, Eleonora Artesio, i consiglieri del M5s si sono azzuffati tra loro come capita ormai spesso, e alla fine hanno ritirato il documento. Vergognandosi un po' per essere stati miseramente scoperti.

Cambiano gli uomini, restano le politiche
Questo piccolo episodio torinese mette bene in evidenza il processo che sta portando avanti il M5s: un processo di «sostituzione umana a parità di politiche». Non deve quindi stupire che a livello nazionale il partito di Luigi di Maio sia pronto ad una alleanza con il Partito Democratico, e in virtù di questo passaggio – chiamato pudicamente «contratto» – cancelli ogni tratto programmatico che differenzia(va) il M5s dal Pd. Lo abbiamo già scritto diverse volte e lo ribadiamo: i due partiti, alla prova di governo, non producono una politica in antitesi. Anzi, come dimostra l’esperienza torinese, lo sfondo è diventato indistinguibile. Questo, al di là delle risse tra piccoli personaggi minori, utili e mantenere una parvenza di alternativa, a galvanizzare le rispettive basi che rispondono a pulsioni d'appartenenza. I dieci punti scritti da un docente universitario - ma potevano essere redatti da un bimbo di quinta elementare - al fine di attrarre il Partito Democratico, su cui abbiamo già ragionato, sono la plastica rappresentazione di una trasformazione culturale imperiosa all’interno del M5s: la volontà di sostituire il Partito Democratico nel suo impianto ideologico – ultraliberista, globalista, classista – nonché nel ruolo all’interno del sistema dei poteri forti.

La base contro, ma solo un po'
A tutto questo dovrebbe rispondere la base del M5s, che effettivamente – leggendo la valanga di insulti e critiche che sta ricevendo Luigi di Maio sulla sua pagina social – pare voler fare resistenza a questo sconcertante spreco: dieci anni di resistenza culturale che si sostanziano, nel momento del governo, in una semplice sostituzione di personale politico. L’immagine di Matteo Renzi che, sdegnato, rifiuta le avances di Luigi di Maio, non sono solo una duro colpo al M5s, ma all’intero assetto culturale politico italiano. Fanno intendere chiaramente che la realtà è immutibile, come in una pièce teatrale in cui è tutto falso e quindi alterare la storia è inutile. Dopo i disastri provocati con il sistema bancario, le continue inchieste giudiziarie, gli scandali a ripetizione, l’inverecondo utilizzo dei mezzi di comunicazione più importanti per infangare l’immagine politica del M5s e dei suoi attivisti: l’elenco, oltre ad essere inutile perché noto, potrebbe essere infinito.

Perpetrare lo status quo
Dopo tutto questo, dopo le offese reciproche, ora è il tempo del governo. Per fare cosa non si sa, ma è facile prospettarlo: la perpetuazione dello status quo. Dato che il Partito Demicratico potrà agevolemente bloccare ogni tentativo di coerenza, quel che rimane, da parte del M5s. Il primo infatti potrà avere una semplice pars destruens, a differenza di Luigi di Maio e soci, che si troveranno nella difficile condizione di coloro che devono costruire partendo dlla macerie. Perduta Torino, dove la rivoluzione si è trasformata velocemente in una sostituzione, il M5s si trova di fronte al problema di compiere lo stesso percorso in Italia. Il M5s sta correndo velocemente verso un baratro da cui non potrà rialzarsi: pensare ad un governo in cui vi siano Maria Elena Boschi, Graziano Delrio, Luca Lotti, o qualunque altro esponente del Partito Democratico è un incubo.