19 aprile 2024
Aggiornato 01:30
Elezioni politiche 2018

Il M5s flirta con il «Sistema», LeU col Pd. Potere al Popolo nuova casa della sinistra?

Di Maio apre al mondo delle mega cooperative del cemento, Liberi e Uguali litigiosi e filo Pd. Potere al Popolo potrebbe metterli nei guai

Il leader M5s Luigi Di Maio, quello di LeU Pietro Grasso e quella di Potere al Popolo Viola Carofalo
Il leader M5s Luigi Di Maio, quello di LeU Pietro Grasso e quella di Potere al Popolo Viola Carofalo Foto: ANSA

ROMA - Luigi Di Maio, il candidato premier del M5s, ha postato sulla sua pagina social un bell’articolo pubblicato da il Tirreno, dal titolo: «Il M5s non fa più paura», raccogliendo ben 26mila pollici alzati. Nel testo si legge che un gruppo di 150 imprenditori si è detto interessato ad ascoltare le proposte del candidato pentastellare, ottima cosa, ma soprattutto si è affacciata la Legacoop. E qui ci troviamo di fronte a quella mutazione genetica del Movimento, nato per scardinare il sistema ma oggi entusiasta di «non fare più paura» a uno dei poteri forti italiani, le lega delle cooperative rosse (o rosè), quella che al suo interno ha la Cmc, la mega cooperativa delle grandi opere, Torino-Lione (Tav) in primis. Un tempo i Cinque stelle volevano semplicemente abbattere il sistema della cooperative, oggi sono contenti che questi li vengano ad ascoltare: sic transit, gloria mundi. Ma il ragionamento si potrebbe allargare: il M5s di Beppe Grillo non voleva fare alleanze col "sistema", anzi voleva abbatterlo. Il M5s di Luigi di Maio vuole fare alleanze con chiunque pur di governare. La diatriba, per altro, è pubblica.

M5s di governo
Così va il mondo Cinque stelle, per altro già ampiamente normalizzato nelle città dove governa. A Torino non riescono a bloccare nemmeno i centri commerciali che dicevano di voler frenare: oggi l’amministrazione pentastellare di Chiara Appendino ha già battuto il record di autorizzazioni per centri commerciali del predecessore Piero Fassino. Che però governò cinque anni, mentre la bocconiana torinese è al potere, si fa per dire, da appena un anno e mezzo. Non solo, perché un nuovo diluvio di cemento, e debiti, potrebbe abbattersi sulla Val Susa e su Torino, qualora i magheggi sulla candidatura alle Olimpiadi del 2026 andassero a buon fine, e la città più indebitata d’Italia – anche a causa delle Olimpiadi del 2006 – desse la sua disponibilità. Eppure erano proprio i Cinque stelle a dire peste e corna dei grandi eventi, e perfino a bloccarli: si pensi alla coraggiosa scelta di Virginia Raggi a Roma. Il dossier di Torino 2026 è presente sul tavolo della sindaca da tempo, e di quelli che vengono pudicamente chiamati «stakeholders» – banche, costruttori delle cooperative del cemento, seguono sindaci della valle: tutti negano, consci dell'imbarazzante dietrofront. Ma, evidentemente, se la Legacoop guarda con interesse al mondo pentastellare, e il candidato premier si compiace di ciò, qualche ragione c’è.

M5s perde l'ala sinistra del Movimento?
Il M5s quindi perderà l'ala sinistra del Movimento, guadagnando al centro e nel mondo degli affari. Il partito di Grillo-Casaleggio nacque di fatto come costola del movimento Notav nel 2005, successivamente agli scontri di Venaus in Val Susa. Dopo qualche giorno dalla cosiddetta «riconquista» dei terreni presi manu militari dalla polizia in una gelida notte, un grande corteo Notav attraversò la periferia torinese. In ottantamila finirono al parco delle Pellerina: sul palco, ad arringare la folla c’erano Beppe Grillo, Marco Travaglio e Dario Fo. Nasceva in quel momento l’assetto culturale del M5s. Parole d’ordine: mai più con i partiti, mai più grandi opere. Bei tempi.

Liberi e Uguali
D’altro canto rimangono i Liberi e Uguali, a coprire la sinistra. Solo che si stanno già scindendo tra chi si vuole alleare con il Pd subito e chi vuole allearsi con il Pd appena dopo le elezioni, e chi non vuole allearsi: una sparuta minoranza questa. Il dibattito in LeU è serrato su una questione importante per le sorti progressive dei lavoratori: chi è il capo di Liberi e Uguali? Grasso dice «io sono il capo». Laura Boldrini non lo dice «io sono il capo», ma pone veti sulle decisioni del capo. Massimo D’Alema non lo dice nemmeno dato che assolutamente convinto che tutto l’Universo lo consideri l’unico vero capo dell’Universo. E in quanto tale vorrebbe candidare un volto nuovo: Antonio Bassolino, ex governatore e «capobastone del Pd in Campania» (cit. la Repubblica). Per il resto, il programma, è un po’ vago: cosa vogliano fare sulle grandi opere, ad esempio, è un enigma. In linea teorica Bersani e compagni, si fa per dire, dovrebbero essere a favore. I Notav li hanno fatti bastonare non poco quando erano al governo. Mentre gli ex vendoliani di Sel, sono contrari. Solo in Val Susa ballano 20 miliardi di euro su questa scelta.

Potere al Popolo
In questo panorama di pentastellari che subiscono il fascino della Legacoop, e Liberi e Uguali che subiscono il fascino dell’alata discussione su chi sia il capo, nasce una lista, o un partito, che a molti comincia a fare paura. Si chiama «Potere al popolo»: oddio, una volta al popolo si volevano dare i diritti, ora addirittura il potere tout court. E dati i tempi che corrono, la cosa un po’ di timore genera. Al suo interno c’è Rifondazione, che nel tempo si è purgata del bertinottismo, autoreclusa e penitente, che ha accettato di organizzare banchetti di raccolta firme e poco più. Il resto sono volti nuovi, molti giovani, un specie di commando di genio guastatori che vogliono pescare voti tra pentastellari e Liberiugualisti delusi, ma soprattutto nel mare dell'elettorato di sinistra disgustato dagli ultimi anni. Quelli di Potere al Popolo sono "per la rottura con l'Unione Europea", anche se la posizione sulla moneta unica è ondivaga, contro le grandi opere, ma soprattutto hanno fatto una proposta fortemente garantista che ha creato scandalo: riforma del 41 bis, abolizione dell’ergastolo, amnistia. Non solo: chiedono la nazionalizzazione della Banca d’Italia, la modifica dell'art.81 della Costituzione che ha introdotto il pareggio di bilancio e il ritorno ad un forte controllo pubblico dell’economia. Sono per l'uscita dalla Nato. Il "capo politico" si chiama Viola Carofalo, ed è una ricercatrice napoletana precaria, punta al 3%, e con sicurezza sostiene che lo supereranno «con facilità e non faremo alcuna alleanza: non ne abbiamo fatte prima, non le faremo dopo. Il nostro progetto è proprio incompatibile con questi partiti e movimenti esistenti».