19 aprile 2024
Aggiornato 06:00
Immigrazione

I migranti non scappano da guerre e carestie: sono giovani che cercano l'Eldorado

Abbiamo intervistato la prof.ssa Anna Bono, autrice di un illuminante saggio dal titolo «Migranti!? Migranti!? Migranti!?», per capire meglio le caratteristiche del fenomeno migratorio che stiamo vivendo. Con non poche sorprese...

TORINO - Finalmente un libro che va al di là delle inutili strumentalizzazioni che troppo spesso accompagnano la discussione sul fenomeno migratorio. «Migranti!? Migranti!? Migranti!?» (Edizioni Segno) è un saggio di rara onestà intellettuale, scritto da Anna Bono, esperta di Africa ed ex professoressa di Storia dell'Africa all'Università di Torino, che abbiamo voluto intervistare per capire meglio cos'è davvero l'immigrazione che stiamo vivendo, da dove arriva, perché, e quali scenari futuri è possibile intravedere. Iniziamo con ordine: uno dei primi problemi che Bono evidenzia è che nel 2016 quello dell’emigrazione illegale è diventato un problema soprattutto italiano. Perché?

Perché tutti in Italia?

Prima di tutto, ci spiega, perché in quell'anno «in una progressione rapidissima, il numero di emigranti illegali che hanno raggiunto l'Europa sono sbarcati proprio in Italia». Non più in Grecia o in Spagna dunque, ma nel nostro Paese. Secondo motivo è che, «al contrario degli anni precedenti, un numero crescente di immigrati, o per scelta o per forza, rimangono in Italia. A conferma di questo, il numero di persone sbarcate sulle coste italiane che chiedono asilo: queste persone hanno il diritto, ma anche il dovere, in base alla Convezione di Ginevra, di rimanere nel nostro Paese fino alla decisione definitiva in merito alla concessione o meno dello status di rifugiato».

Pochissimi rifugiati veri

Ciò che non torna,però, è che in realtà alla fine il numero di persone che ottiene lo status di rifugiato è bassissimo. E allora perché continuano ad arrivare qui? «Chi arriva», spiega Bono, «sa di poter chiedere lo status e sa che i tempi per l'ottenimento di una prima risposta sono lunghi, e si allungano ancora di più per chi, in caso di risposta negativa, fa ricorso in Appello e in Cassazione, il che può comportare anche anni di attesa. Non dimentichiamo poi che alcuni, e comunque non pochi, ottengono dei permessi di soggiorno piuttosto lunghi in base ad altre due forme di protezione internazionale: quella sussidiaria e il permesso di soggiorno per motivi umanitari».

Irregolari perché già partono illegalmente

Sbagliato chiamarli irregolari? «No» sostiene ancora Bono, perché «sono persone che già quando partono sono clandestini nella stragrande maggioranza dei casi, cioè lasciano il loro Paese non percorrendo vie legali ma affidandosi a trafficanti: prima di essere immigrati irregolari sono emigranti irregolari nei loro Paesi».

Non scappano da guerre e carestie

Altro mito che viene sfatato in questo libro è che chi arriva scappa da guerre e carestie: «No, non è così: chi arriva da noi sono soprattutto giovani africani, tra i 18 e i 34 anni, anche se è andata crescendo la quota di minori, che provengono dall'Africa subsahariana, in particolare occidentale e centrale, che lasciano situazioni non drammatiche e disperate inseguendo un miraggio, sì un miraggio perché l'Italia non è certo un Paese in espansione in termini economici. Loro lo chiamano Bengodi, una sorta di Eldorado che però qui non c'è».

Cosa si può fare concretamente?

Non si può accogliere tutti, ormai è chiaro, perché banalmente è insostenibile da un punto di vista economico. E allora cosa si può fare concretamente? «Da un lato» conclude la prof.ssa Bono, «facendo capire ai giovani nei Paesi africani che l'Italia e altri Paesi non sono Paesi da scegliere per emigrare perché qui non si sta meglio. Le conferenze episcopali lo fanno per esempio, spiegando anche ai ragazzi che sono proprio i giovani le forze che devono rimanere in Africa per migliorare la vita là». Poi ci sono misure più decise, «come quelle prese dalla Spagna che ha aumentato i controlli delle proprie coste e poi preso misure repressive energiche che hanno avuto effetto. Anche in Grecia è crollato il numero di arrivi: dal 2016 chi arriva sulle coste greche e non ha le condizioni per richiedere lo status di rifugiato viene portato in Turchia, vanificando così un viaggio pericoloso e costoso e disincentivando le partenze».