28 marzo 2024
Aggiornato 13:00
sentenza choc

Roma, assolti dalla Corte d'Appello i due Rom accusati di aver ridotto un'anziana in schiavitù

Ecco la sentenza che ha fatto cadere le accuse di riduzione in schiavitù: "Lo stato di soggezione non può dirsi provato, in presenza di un'ampia libertà di autodeterminazione"

ROMA - «Lo stato di soggezione non può dirsi provato, in presenza di un'ampia libertà di autodeterminazione». I giudici della I corte d'assise d'appello di Roma scrivono così in un passaggio delle motivazioni della sentenza con la quale hanno fatto cadere le principali contestazioni a carico di una coppia di romeni accusati di aver ridotto in schiavitù una anziana clochard loro connazionale.

L'assoluzione dei due imputati
In particolare i giudici hanno assolto completamente Gheorghe Valceanu, 61; e condannato a 3 anni e tre mesi la sua compagna, Elena Marin di 48 anni. I fatti oggetto della vicenda risalgono al 2013 e sono stati fissati su carta dopo il ricovero in ospedale della anziana rom che il 23 ottobre si presentò al San Camillo lamentando di vivere soggiogata in un campo nomadi per chiedere l'elemosina, agli ordini dei due imputati.

La ferita e lo stato confusionale della vittima
Le accuse sulle prime sembrano reggere. C'è una ferita che dovrebbe esser stata causata da una bruciatura di sigaretta; c'è lo stato confusionale; la malnutrizione. Ma - si spiega poi in appello - la contestazione «sostanziata dal possesso del documento di identità e di un telefono cellulare, dall'esercizio non coattivo dell'accattonaggio, della mancanza di prova in ordine all'esercizio di una costrizione continuativa finalizzato a mantenere il controllo sulla persona 'reificata': e tutto ciò si ricava, in ultima analisi, dalle stesse dichiarazioni della parte offesa».

L'avvocato: Era evidente che le accuse non stavano in piedi
Ma dopo una verifica ecco che si accerta come tutti i soggetti in questione abbiano poco o nulla per poter vivere. Inoltre l'anziana parte offesa ha cambiato campo, ma ha continuato con la sua vita. Poi il presunto furto della carta d'identità al fine del ricatto è solo un elemento riferito e nulla più. L'avvocato Ettore Iacobone, difensore di Valceanu, spiega: «Era apparso evidente sin dall'inizio che le accuse non stessero in piedi. Purtroppo si è dovuto aspettare un processo d'appello per far crollare tutto. Quando invece, forse, con un po' di attenzione si poteva capire che alcune dichiarazioni erano solo frutto di uno stato di indigenza e difficoltà in cui vivono tanti disperati nelle nostre città».

(Fonte Askanews)