15 marzo 2025
Aggiornato 19:00
Oro bianco

Pigneto, la guerra impossibile allo spaccio

A pochi giorni dalla guerriglia urbana tra carabinieri e spacciatori, ieri nella centrale della droga di Roma l'ennesima retata di pusher. Pensata più per rassicurare gli ignari cittadini che per risolvere veramente il problema

ROMA – Ieri sera stavo bevendo un aperitivo, seduto ad un tavolino che si affaccia su via del Pigneto, quando improvvisamente all'imbocco dell'isola pedonale si sono materializzati due blindati, uno della polizia e uno dei carabinieri. Ne sono scesi una manciata di agenti che hanno cominciato una retata: hanno fermato tutti gli spacciatori (tanti e quasi tutti neri) che lavorano nel quartiere, divenuto ormai la centrale della droga di Roma, li hanno identificati e li hanno condotti via in manette. «Bene – ho pensato – finalmente anche in questa zona si vede un po' di presenza dello Stato, che di solito si gira dall'altra parte e fa finta di non vedere».

Ultimi anelli della catena
Poi mi sono alzato dal tavolino e, insieme ad un'amica, sono andato a parlare ad uno dei funzionari di polizia che stavano compiendo gli arresti, non identificandomi come giornalista ma da semplice cittadino. Gli abbiamo chiesto: «Ma per chi lavorano questi ragazzi che state fermando?» La risposta è stata: «La droga che vendono viene dalla Tunisia, ma a gestire questo racket sono italiani». «E state arrestando pure questi italiani?» «Qualcuno lo abbiamo incastrato – ha proseguito il poliziotto – ma non è facile trovare le prove. E poi comunque il nostro è un piccolo commissariato, non è certo compito nostro indagare sui livelli più alti». Aveva uno sguardo rassegnato e poco ci è mancato che, dicendo questa frase, alzasse addirittura le spalle. È stato a quel punto che ho capito cosa fosse, in realtà, quella retata. L'ennesima battaglia di una guerra tra poveri, combattuta tra gli spacciatori, ultimo anello della catena della mafia, e i poliziotti, ultimo anello della catena dello Stato. Entrambi sono semplici ingranaggi dei rispettivi sistemi. Gli spacciatori, ragazzi sbandati, che per fare qualche euro facile scelgono una strada sbagliata e una vita che li costringe a stare giorno e notte in mezzo a una strada. I poliziotti, uomini che avrebbero voluto migliorare la propria società, e che invece si ritrovano ad eseguire gli ordini del potere, dunque a difenderlo ad occhi chiusi.

Tutto come prima
Al di sopra di loro sta chi comanda davvero: uomini insospettabili, ricchi, bianchi. Che a risolvere il problema della droga non hanno nessun interesse, perché ci fanno affari tutti insieme, dalla mafia allo Stato, sulla pelle dei giovani più deboli che si fanno catturare nella dipendenza e a volte finiscono per lasciarci le penne (come il 16enne del Cocoricò di Riccione). Ogni tanto il loro business attira troppo l'attenzione, come accaduto nei giorni scorsi proprio al Pigneto con la guerriglia tra una pattuglia dei carabinieri e quaranta pusher a suon di bottigliate. Così, per rassicurare i cittadini, avranno deciso di fare un po' di scena e buttare nella rete qualche pesce piccolo. Solo fumo negli occhi: se la politica, romana e nazionale, avesse avuto una reale volontà di sconfiggere lo spaccio di droga lo avrebbe fatto molti anni fa. Tra qualche giorno gli spacciatori arrestati usciranno di galera o comunque saranno sostituiti da altri colleghi e tutto tornerà come prima. Le vecchie signore del quartiere si lamenteranno per le bottiglie di vetro e i rifiuti che i pusher abbandonano per strada, senza rendersi conto che il problema vero non è l'ordine pubblico, ma il fiume di denaro che arriva alla criminalità organizzata, che inquina l'economia di tutto il nostro Paese. E i ragazzi, fregandosene di tutto questo, andranno a farsi la prossima striscia di coca.