19 aprile 2024
Aggiornato 16:00
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C'è una startup che produce energia e bioplastica dalle «erbacce»

Da un ettaro di Miscanthus si ricavano 20 tonnellate di biomassa: è lo stesso potere calorifico di 12 tonnellate di carbone e 7mila-10mila litri di gasolio

MILANO - Durante le lezioni di biologia ci insegnavano spesso che le cosiddette «erbacce» o piante infestanti dovevano essere estirpate velocemente dal terreno affinché le colture potessero crescere nel modo più ottimale possibile. «Succhiavano» energia a coltivazioni come grano o mais che - così - si vedevano ridotta la loro produzione. Questi cinque ragazzi, invece, con le erbacce, hanno pensato di produrre energia. Per la precisione con il Miscanthus x Giganteus, una cosiddetta «energy crops», ovvero una pianta coltivava col solo scopo di trasformarsi in biomassa.

«Tutto è nato all’interno dell’Istituto Salesiani di Milano grazie ad un professore interessato al mondo delle energie rinnovabili - ci racconta Lorenzo Avello, co-founder di Planeta Renewables -. Lui ci commissionò un approfondimento su una filiera basata sulla coltura energetica del Miscanthus x Giganteus al fine di alimentare una caldaia a biomasse per la produzione di energia termica ed elettrica. Abbiamo ottenuto dei dati davvero interessanti e così abbiamo deciso di dedicarci completamente al settore delle energie rinnovabili».

Del resto il tempo stringe. Entro il 2050 le emissioni globali di «gas serra» dovranno essere drasticamente ridotte del 50% rispetto ai livello del 1990, per evitare l’aggravarsi delle nostre condizioni climatiche. Entro la fine del secolo dovremo essere capaci di raggiungere la neutralità carbonica. Le biomasse, in questo processo di cambiamento, rappresentano uno dei capisaldi più importanti. In Italia, inoltre, esistono circa 4 milioni di ettari di terreni incolti che potrebbero adattarsi egregiamente alle colture bioenergetiche, senza sottrarre spazio alle coltivazioni tradizionali. Entro il 2030 questi terreni dovrebbero raggiungere una dimensione di oltre 30 milioni di ettari, completamente in stato di abbandono.

Da un ettaro di Miscanthus si ricavano 20 tonnellate di biomassa: è lo stesso potere calorifico di 12 tonnellate di carbone e 7mila-10mila litri di gasolio. Ma il Miscanthus x Giganteus non è utile solo per produrre energia. Attraverso la sua lavorazione è possibile produrre bioraffinati come biometano, bioplastiche e biocarburanti, così come biocomposti e carta (la biomassa è lignocellulosica, ndr.). I vantaggi sono molti, dalla lotta al cambiamento climatico a una maggiore sicurezza alimentare, dalla bonifica dei terreni marginali alla produzione di elementi costitutivi di nuove materie prime. «Il suo utilizzo è potenzialmente molto grande - continua Lorenzo -. In più si può coltivare facilmente, non è infestante a sua volta e, soprattutto, ha bisogno di poca acqua per crescere. I costi di produzione sono quindi relativamente molto bassi».

Uno slancio importante nel settore è dato dal bio-packaging. Questa filiera può avere un ruolo importante nell’ambito della bioeconomia e, in un’ottica più ampia dell’economia circolare, sia attraverso la rilevanza che assumono il recupero e il riciclo dei materiali, sia considerato il crescente interesse per lo sviluppo di nuovi materiali da imballaggio bio-based, come le bioplastiche, nell’ottica di una riduzione dell’impatto ambientale. Nel packaging l’utilizzo di bioplastiche sta infatti registrando un ruolo sempre più rilevante. Le stime di European Bioplastics relative al 2017 evidenziano come, nell’utilizzo della bioplastica, la filiera del packaging abbia un ruolo centrale: oltre il 60% della produzione mondiale di bioplastiche è destinato infatti al settore dell’imballaggio, con una produzione di circa 1,2 milioni di tonnellate, di cui circa il 60% specializzato negli imballaggi rigidi e il restante in imballaggi flessibili. La recente diffusione del fenomeno dell’e-commerce anche nel nostro Paese, sta inoltre dando nuovo impulso alla domanda di imballaggi adatti a trasportate in maniera più affidabile e sicura una pluralità di merci differenti.

Naturalmente, al Miscanthus Project, si procederà per gradi. All’inizio creando una serie di coltivazioni a filiera corta che possano essere utilizzate per alimentare l’impianto sottoforma di derivati come cricchetti e pelletc. Il Miscanthus, una volta raccolto sotto forma di cippato, per agevolarne il trasporto e l’utilizzo, può essere lavorato e trasformato in sottoprodotti quali pellets, bricchetti e altri derivati. Gestendo direttamente il seguente processo, lo scopo è di realizzare una filiera ottimizzata in termini di costi economici e di sostenibilità ambientale; inoltre, una parte di sottoprodotti sarà destinata a mercati paralleli quali pellets retail, bioraffinati industriali e prodotti biocompositi.

Un aspetto molto importante è quello dei biocarburanti. La recente direttiva europea sulle energie rinnovabili (RED II) sancisce un passaggio dai biocombustibili di prima generazione (derivanti prevalentemente da olio di palma), la cui produzione insostenibile è stata largamente dimostrata, a biocombustibili cosiddetti avanzati (o di seconda generazione) derivanti da coltivazioni non alimentari e, che quindi, non vanno ad intaccare la filiera di approvvigionamento agri-food. «Dal Miscanthus si possono estrarre questi biocombustibili avanzati, attualmente stiamo lavorando per i primi test pilota a tal proposito», spiega Lorenzo.

I cinque ragazzi di Planeta Renewable hanno appena ultimato la prima coltivazione pilota su un terreno di Abbiategrasso, in provincia di Milano. «Siamo fiduciosi - conclude Lorenzo -. Il mercato si sta dimostrando molto ottimista. Ultimamente anche i cittadini sono molto più sensibili all’utilizzo di prodotti più sostenibili. In questo modo potremo ridurre i costi e, cosa più importante, salvare il nostro Pianeta».