25 aprile 2024
Aggiornato 11:30
industria 4.0

I Big Data servono, anche ai più piccoli: «Trovate il PID più vicino»

Oggi c'è una credenza diffusa che se le PMI sono piccole a loro internet non serve, ma non è così

I Big Data servono, anche ai più piccoli: «Basta trovare il PID più vicino»
I Big Data servono, anche ai più piccoli: «Basta trovare il PID più vicino» Foto: Shutterstock

ROMA - Che ne sarà del Piano Industria 4.0? Di fronte al dibattito politico che ci ha lasciato molte volte interdetti in questi giorni, la domanda è lecita e sorge spontanea. Soprattutto perchè rappresenta la nostra grande opportunità di rilancio, qualcosa che non possiamo assolutamente lasciarci sfuggire. Soprattutto dopo i risultati raggiunti grazie alla lungimiranza del buon Carlo Calenda, i cui incentivi hanno fatto salire gli investimenti in macchinari dell’11% quest’anno. Ma quello degli incentivi, è solo la punta dell’iceberg. Di fronte all’iper ammortamento, che è stata la via italiana per far entrare le tecnologie all’interno delle nostre fabbriche, oggi l’ammodernamento deve coinvolgere tutte le parti in causa.

I Big Data servono, anche ai piccoli
Anche se le PMI credono di non averne bisogno. «Oggi c’è un grande malinteso che frena le piccole imprese e le tiene lontane dai vantaggi dell’economia digitale: mi riferisco alla credenza diffusa che, essendo piccoli, a loro internet non serva o che i famosi «Big Data» siano appunto riservati ai ’grandi’ - ci spiega il presidente di InfoCamere Carlo Sangalli -. Non è così, anzi è il contrario. A beneficiare maggiormente della disponibilità di dati per il business possono essere proprio i più piccoli». Una difficoltà che vivono, in prima linea, proprio le stesse Camere di Commercio che - con il PID (Punto Impresa Digitale) - sono diventate un po’ il fulcro, il perno per diffondere localmente la conoscenza di base della tecnologia. Se, da una parte, il 75,8% delle imprese è a conoscenza delle misure varate dal Governo (dati Comitato Leonardo), allo stesso tempo, permane un certo senso di incertezza ed effettiva utilità da parte delle PMI.

Partire dai dati semplici
In questo scenario molto complesso e quasi «fantasmagorico» per alcune PMI, è chiaro che il concetto della «rete» e dei Big Data vanno evangelizzati. Per Sangalli, tuttavia, i primi passi da compiere sono davvero molto semplici. «Grazie a Internet, alcune di queste informazioni sono già facilmente accessibili da fonti pubbliche, come i registri delle Camere di commercio, gestiti da InfoCamere, che elaborano ogni giorno enormi quantità di dati mettendoli a disposizione in forme semplici e immediate - racconta -. Verificare l’esistenza di un’impresa, conoscerne gli amministratori e studiarne il bilancio, ottenere il suo indirizzo di posta elettronica certificata. Questi sono strumenti concreti che possono aiutare le PMI, a costi quasi irrisori, a conoscere il mercato e a competere meglio».

Non solo incentivi
La buona volontà, tuttavia, molto spesso non è sufficiente. Come non sono sufficienti, di per sé, le tecnologie introdotte grazie agli incentivi nelle nostre fabbriche. Il rebus delle competenze resta. Nell’ultimo trimestre del 2017 gli ordinativi di robot e di macchine utensili destinati al mercato italiano hanno fatto un balzo in avanti senza precedenti, raggiungendo un incremento dell’86,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Insieme sono cresciuti anche gli ordini esteri i quali hanno raggiunto il 6,2% rispetto al periodo ottobre-dicembre 2016. Ma il vero passo in avanti - come mostrano i dati di UCIMU - è rappresentato dalle nostre imprese e dalla grande propensione a investire del mercato italiano. Una crescita a livelli cinesi, come è stata più volte definita dallo stesso Calenda. Ma il rischio che il Piano Industria 4.0 si trasformi in una moda di breve periodo in attesa della prossima stagione è alto. «E’ chiaro che le misure fiscali non sono sufficienti - ci dice Sangalli -. Da un lato occorre consolidare le riforme avviate per rendere più efficiente e meno costosa la macchina della burocrazia (dal fisco alla giustizia, al mercato del lavoro), in un’ottica di servizio a imprese e cittadini. Dall’altro, è necessario impegnarsi in un’operazione culturale che parta dal basso e che metta le PMI al centro di un grande progetto di ‘coesione digitale’ del tessuto economico e sociale del Paese. Oggi abbiamo 5 milioni di piccole imprese ancora ai margini dell’economia digitale, a causa della difficoltà di accesso alle reti veloci o della mancanza di informazione sulle opportunità del digitale che già esistono».

Trovate il PID più vicino
Pensare di digitalizzare l’Italia senza coinvolgere le piccole e medie imprese sarebbe quindi una «mission impossible». La sfida è grande ed è per tutti, come ci ricorda lo stesso Sangalli, soprattutto dal punto di vista della formazione 4.0, il cui piano ha mostrato, però, segni di cedimento. Oltre il ritardo cumulato dal bando per i Competence Center, ancora aspettiamo il decreto del MISE relativo al credito d’imposta per la formazione collegata alle tecnologie dell’Industria 4.0, in attesa del visto del Ministero dell’Economia e della Corte dei Conti. Che fare nel frattempo? «Direi agli imprenditori di individuare subito il PID più vicino consultando il nostro portale e cominciare con fiducia un percorso di crescita digitale per la propria azienda», suggerisce Sangalli.

Il futuro con il prossimo governo
Il futuro delle PMI, in ogni caso, dipenderà anche dalle azioni che deciderà di intraprendere il prossimo governo. Ciò che è certo è che l’ondata tecnologica non si arresterà, a prescindere dal nuovo premier. Gli incentivi del Piano Calenda, iper e superammortamento, sono serviti proprio per permettere alle imprese di ammodernarsi. Certo. Non bisogna disfare quanto fatto dal governo Renzi e Gentiloni. A sostenerlo sono gli stessi imprenditori, capitanati dal presidente di Confindustria Boccia, secondo cui - ad esempio - il Jobs Act va mantenuto, così dome la Sabatini. Gli industriali, durante le Assise di Verona, hanno anche preparato un piano da presentare al futuro governo: 250 miliardi di risorse liberate in 5 anni, con la partecipazione dell’Europa e del settore pubblico privato, per sostenere le industrie e l’ammodernamento tecnologico. «Al di là dei contenuti dei talk show e delle prime pagine dei quotidiani, credo che il mondo delle imprese abbia inviato segnali chiari alla politica sull’importanza della stabilità del quadro istituzionale e del completamento delle riforme - conclude il presidente Sangalli -. Mi auguro che il nuovo Parlamento, e il governo che esso esprimerà, sapranno mettere al centro della loro attenzione il valore sociale dell’impresa. Sostenere gli imprenditori è l’unico modo per consolidare la ripresa, ancor fragile, che stiamo vivendo. Nel nostro Paese c’è un’impresa ogni dieci abitanti. Occuparsi di lavoro, famiglia e territorio significa, quindi, occuparsi dell’impresa, perché è da qui che si possono generare lavoro e benessere diffuso».