19 aprile 2024
Aggiornato 03:30
risparmio

Svolta per i finanziamenti a PMI e startup, cosa cambia nella gestione dei PIR

I PIR avranno l'obbligo di investire almeno il 3% della soglia di investimento in PMI e startup innovative

Svolta per i finanziamenti a PMI e startup, cosa cambia nella gestione dei PIR
Svolta per i finanziamenti a PMI e startup, cosa cambia nella gestione dei PIR Foto: Shutterstock

MILANO - Sono 5 i miliardi di euro raccolti da 44 fondi in questo 2017 dai PIR Compliant, i Piani Individuali di Risparmio, introdotti dall'ultima legge di bilancio, creati come forma di investimento a medio termine, capace di veicolare i risparmi delle persone fisiche sotto forma di finanziamento a favore delle PMI italiane. Strumento già presente in altri paesi esteri (UK, Giappone, Francia e Stati Uniti), pensato per favorire gli investimenti dei piccoli risparmiatori, gode di particolari detrazioni fiscali, come recita la Risoluzione presentata il 7 novembre alla Commissione Finanze della Camera dall’onorevole PD Silvia Fregolent: «i commi da 88 a 114 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) hanno introdotto agevolazioni fiscali volte a incoraggiare investimenti a lungo termine nelle imprese e specialmente nelle piccole e medie imprese, attraverso investimenti qualificati e piani di risparmio a lungo termine, in particolare, tale normativa, da un lato, ai commi da 88 a 96, prevede l'esenzione dall'imposta sul reddito per i redditi derivanti dagli investimenti a lungo termine (detenuti per almeno cinque anni) nel capitale di imprese, effettuati da casse previdenziali o da fondi pensione nel limite del 5 per cento del loro attivo patrimoniale».

Detrazioni che, sempre come viene ricordato dal testo, devono sottostare a certi obblighi: «si prevede l'esenzione fiscale per i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, derivanti dagli investimenti effettuati nei predetti PIR, a condizione che gli strumenti finanziari in cui è investito il PIR siano detenuti per almeno 5 anni e che il valore del PIR sia investito in strumenti finanziari emessi da imprese italiane e europee, con una riserva minima del 30 per cento investito in strumenti di piccole e medie imprese, entro il limite individuale di 30.000 euro all'anno e, comunque, di complessivi 150.000 euro».

Questo strumento offre una grande opportunità per sostenere una politica industriale volta a a diminuire la pressione della leva finanziaria delle PMI Italiane. «Gli obiettivi alla base della nascita dei PIR sono essenzialmente due: investire in economia reale e diversificare - ci racconta Matteo Masserdotti, CEO e founder di Tip Ventures, che è convinto che - le importanti detrazioni fiscali concesse (detassazione completa delle plusvalenze) sono infatti uno stimolo all'investimento in economia reale e nelle aziende italiane, in un paese in cui le imprese registrano un utilizzo della leva finanziaria tra i più alti al mondo. Finanziare il capitale delle aziende è una priorità del governo».

In questa ottica c'è una parte degli investimenti che in Italia soffre di maggior ritardo rispetto all'Europa che è quella dei Venture Capital che, rispetto al resto dell'Europa, conta numeri davvero risicati. Questo investimento rappresenta solo lo 0,005% del PIL italiano, a fronte di una media europea che si aggira attorno allo 0,028%, quasi sei volte tanto. Nel primo trimestre 2017 gli investimenti sulle startup sono stati solo di 35 milioni di euro su un totale di 4,9 miliardi di euro in private equity e private debt; il venture capital in Italia vale inoltre solo l'1 per cento dei finanziamenti privati alle imprese (secondo i dati Aifi 2016), si legge sempre nel testo presentato dall'onorevole e votato in maniera positiva all'unanimità.

Ma qual è lo scopo di questa risoluzione? Per favorire l'aumento degli investimenti in Venture Capital, i PIR, per continuare a essere considerati tali e quindi godere delle agevolazioni, oltre a quanto sopra elencato, avranno l'obbligo di investire almeno il 3% della soglia di investimento in PMI e startup innovative. «La soglia del 3% di investimento di startup e pmi innovative rappresenta per i sottoscrittori di PIR una grande opportunità di investire in una asset class certamente rischiosa, ma con grandi potenzialità di ritorno e spesso appannaggio di pochi investitori - continua Masserdotti -. Risulta quindi il minimo per una diversificazione efficace ed è auspicabile aspettarsi che i gestori destinino almeno una percentuale del 5% dei fondi gestiti all'investimento in startup e pmi innovative».

Altre novità vengono proposte nel testo della risoluzione come l'innalzamento dal 5% fino al 10% del tetto stabilito per gli investimenti effettuati da casse previdenziali o fondi pensione, limitatamente alla sottoscrizione dei PIR, nonché di ampliare i limiti individuali di 30.000 euro annui e di 150.000 euro complessivi previsti per le persone fisiche, ad esempio portando il primo limite a 100.000 euro e il secondo a 500.000 euro. Inoltre verrà anche presentata la possibilità di poter "creare" un proprio PIR personale, presso un proprio deposito titoli. Aspettto che potrebbe risultare di difficile gestione in ottica di una complessa operatività e complicata conoscienza di un così variegato ventaglio di assets.

Una nuova e interessante iniezione di vitalità per un mercato che stenta ancora a stare al passo con quello internazionale, una speranza per un settore che soffre di carenze di capitali di rischio. Speranza che si fa ancora più forte se si guarda al futuro; saranno infatti 70 i miliardi raccolti dai PIR secondo le stime delle principali case di investimento italiane, sempre secondo la risoluzione, entro il 2021.