18 aprile 2024
Aggiornato 15:30
digitale

«Mancano i tecnici? E' colpa dei genitori: spingono i giovani in scuole che non servono più»

«Non è vero che in Italia manca l'offerta scolastica verso le materie STEM. Sono più difficili da studiare? Sì, è vero. Ma questo è il mercato del lavoro ed è lì che bisogna indirizzare i giovani»

Mancano i tecnici? E' colpa delle famiglie
Mancano i tecnici? E' colpa delle famiglie Foto: Shutterstock

MILANO - «Lo dico con sincerità e mi prendo la responsabilità di questa affermazione. Se esiste un gap di competenze oggi in Italia nei settori tecnologici e nel digitale è colpa delle famiglie e dei percorsi di orientamento che spingono i giovani verso scuole e professioni che oggi non servono più». E’ diretto Marco Taisch, professore ordinario del Politecnico di Milano, Dipartimento di Ingegneria Gestionale, dove insegna Sistemi di Produzione Automatizzati e Tecnologie Industriali. Lui che si sta, peraltro, occupando anche del piano di sviluppo per la realizzazione del Competece Center, voluto dal Piano Industria 4.0, e che dovrebbe sorgere proprio accanto al Politecnico del capoluogo lombardo per facilitare l’acquisizione di know how delle piccole e medie imprese nel processo di digitalizzazione.

Giovani verso scuole che non servono più
Marco Taisch non ci sta a luoghi comuni, alle accuse mosse verso la formazione offerta dagli istituti scolastici e Università italiane: «Si parla tanto di disoccupazione giovanile accusando spesso il nostro ecosistema di non essere in grado di colmare il gap di competenze che separa i giovani dalle effettive offerte di lavoro, ma la realtà è un’altra - continua il professore del Politecnico di Milano -. L’offerta di formazione nel nostro Paese c’è, ma sono le famiglie e il sistema di orientamento scolastico che spingono i ragazzi verso figure professionali che oggi non servono più. Studiare materie STEM è più difficile? Sì, può darsi. Ma questo è il mercato del lavoro ed è verso questa direzione che i giovani devono essere indirizzati».

Alle aziende servono 117mila tecnici
Non dobbiamo dimenticarci, infatti, che il surplus commerciale manifatturiero del nostro Paese è quinto al mondo con 90,5 miliardi di euro nel 2016, dietro a Cina, Germania, Corea del Sud e Giappone. Performance sostenute da migliaia di imprese medio-grandi, medie e piccole che ci fanno competere sui mercati globali grazie alle capacità di essere flessibili e attive in tanti campi diversi. Ma se da una parte il Governo spinge verso la digitalizzazione delle imprese attraverso incentivi e agevolazioni (come super e iper ammortamento previsti dal piano Industria 4.0), dall’altra, mancano ancora le figure competenti. Secondo uno studio di Confartigianato sarebbero 117.560 le persone con titoli di studio legati all’innovazione che le imprese prevedono di assumere entro la fine di settembre. Ma la possibilità, per le imprese, di reperire tale personale sarebbe ridotta all'osso. Secondo Confartigianato, tra le professioni più richieste e con maggiore difficoltà di reperimento vi sono gli addetti all’installazione di macchine utensili (introvabili per il 64% delle assunzioni previste) e gli addetti alla gestione di macchinari a controllo numerico (manca all’appello il 58% del personale necessario alle imprese). Problemi anche a reperire 14.990 operai nelle attività metalmeccaniche ed elettromeccaniche (pari al 43% del totale di questa qualifica richiesta dalle imprese) e 14.430 tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione (39%).

Sempre meno iscritti alle scuole tecniche
Delicato il problema del gap di competenze, anche perché spesso, sono le stesse aziende a non remunerare adeguatamente il proprio personale che poi, esausto, migra verso lidi migliori. E si va dalle offerte di lavoro poco chiare dove le mansioni non sono specificate a progetti obsoleti che non darebbero ai candidati la possibilità di crescere e innovarsi a loro volta. I dati, però, ancora una volta, confermano la tesi sostenuta dal professor Marco Taisch. Sempre meno giovani scelgono gli istituti tecnici. Nell’ultimo decennio, le scuole che formano i futuri geometri, ragionieri e periti nei campi della meccanica, elettronica, trasporti, chimica, tessile, hanno perso quasi 120mila studenti, 117.122 ragazzi per la precisione, toccando, nel 2016/2017, il minimo storico di appena 821.078 alunni (si pensi che a fine anni '90 gli studenti iscritti «al tecnico» si attestavano intorno al milione). Dal 2010, anno dell'ultima riforma, in poi, le scuole tecniche, suddivise in due macro-settori Economico e Tecnologico e 11 indirizzi, vengono scelte da meno un giovane su tre (30,5% del totale degli iscritti alle superiori).

L’offerta scolastica c’è
Ma questo non significa che manchino i percorsi formativi. Solo pochi mesi fa Digital Magics ha recentemente avviato le iscrizioni a ‘Digital Startup University', uno dei più importanti poli italiani di formazione telematica nato dall’accordo tra Digital Magics, Universitas Mercatorum e Università Telematica Pegaso. C’è poi il corso di formazione lanciato da Samsung Innovation Camp per la nuova figura professionale dell’Innovation Designer’, progetto sviluppato in collaborazione con Randstad e Università Cattolica di Milano, rivolto ai giovani cioè laureati, laureandi, diplomati e disoccupati di tutta Italia che non abbiano ancora compiuto 30 anni. Anche l’Università di Milano Bicocca ha lanciato un percorso di studio rivolto alle professioni in campo ‘Data Science’ (Big Data Analyst e Artificial Intelligence). Lo stesso vale per il settore dell’Automotive che vede in prima linea gli atenei dell’Emilia Romagna i quali hanno lanciato il percorso di Laurea Magistrale in Advanced Automotive Electronic Engineering. Importante anche il percorso dedicato a Industria 4.0 e Internet of Things dell’Università di Udine.

«Quando mi chiedono cosa manca all’Italia io rispondo sempre: la consapevolezza. Del futuro, delle capacità, di dove stiamo (volenti o nolenti) andando. Bellissima la trasmissione ‘Masterchef’, per carità, che continua ad attirare migliaia di giovani. Ma qui in Italia non abbiamo bisogno di cuochi», conclude il professor Taisch.