19 aprile 2024
Aggiornato 03:30
gender gap

Questa donna ha detto di sentirsi fuori posto a Google, perchè discriminata

Lei si chiama Quichen Zhang. E’ asiatica. Parla dopo i recenti fatti avvenuti a seguito del famoso memo in cui l’ingegnere di Google si faceva portavoce di un programma anti-diversità

SAN FRANCISCO - Ora siamo al netto delle discussioni sessiste, dove il testosterone prende piede e dove anche le ideologie politiche vengono meno. Di fronte alle testimonianze, per quanto influenzate dall’aspetto personale, solitamente si tende ad arginare il proprio pensiero, sperando che in un mondo di fake, almeno le testimonianze possano continuare ad avere il loro valore. Lei si chiama Quichen Zhang. E’ asiatica. Parla dopo i recenti fatti avvenuti a seguito del famoso memo in cui l’ingegnere di Google si faceva portavoce di un programma anti-diversità, ‘consigliando’ al colosso di Mountain View, di adottare una linea più ideologica, a favore delle differenze biologiche, soprattutto tra uomini e donne.

La questione, purtroppo e per fortuna anche strettamente politica, ha fatto il giro del web. E in questi giorni spunta una testimonianza, ripresa da più testate, di una donna asiatica che racconta la sua esperienza. Quando, un giorno, in ufficio, un uomo ‘bianco’ avrebbe contestato la sua assunzione a Google, sintetizzando che per lei sarebbe stato facile ottenere i posto perché asiatica e quindi brava in matematica. Zhang ha raccontato, in sostanza, di sentirsi isolata come donna di colore che lavorava per il gigante tecnologico e, pochi mesi dopo, sentendo che per lei non c’era alcuni futuro a Google, ha deciso di dimettersi.

Il suo racconto, all’interno degli uffici di Google, parla di poche donne, soprattutto poche donne asiatiche, nere o di altro colore. Il suo racconto sa quasi di rassegnazione, con occasioni ridotte all’osso, per le donne. Lei ha deciso di parlare proprio dopo il memo di James Damore. Da quel giorno, da quando è scoppiata in tutto il mondo la questione del political correct, sono state tante le donne che hanno presentato storie di sessismo all’interno delle mura di Google, che - di fatto - ha una forza lavoro prevalentemente bianca e maschile, come il resto della Silicon Valley. Tale versione sarebbe confermata da alcuni ex impiegati e attuali di Google secondo cui l’azienda non adotterebbe un piano di parità di trattamento e retribuzione tra uomini e donne.

Le preoccupazioni riguardo alla discriminazione messa in atto da Google sono cresciute durante quest’anno a seguito delle affermazioni del Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti, secondo cui l’azienda pagava le donne molto meno degli uomini per gli stessi lavori. Ovviamente Google ha negato tali affermazioni, mentre sono più di 60 le donne che hanno fatto causa per motivi legati alla discriminazione retributiva. E, intanto, mentre accade tutto questo, James Damore, autore del memo, è stato licenziato da Google, ma è diventato anche un eroe delle lotte conservatrici.

All’interno di Google, gli uomini occupano l'80% dei posti di lavoro tecnologici e il 75% dei ruoli di leadership, secondo le proprie figure della società. Nel complesso, solo il 2% dei dipendenti è nero, il 4% è ispanico, il 35% asiatico e il 56% bianco. Per Yolanda Mangolini, direttore di Google per la diversità e l’inclusione globale, sarebbe solo una questione di tempo. Eppure le testimonianze delle donne vittime di discriminazione, in questi giorni, sono spuntate come il prezzemolo. Al netto della voglia di visibilità, molte hanno confermato situazioni piuttosto difficili, dove le donne, soprattutto se nere, venivano più volte messe in discussione, per partito preso. Non invitate agli eventi sociali, fuori posto e chiamate con un nome qualsiasi.

Il fatto è che tutti vorrebbero lavorare a Google. Ritornando a Zhang, laureata ad Harvard, la possibilità di lavorare a Google sembrava un miraggio e forse un po’ lo era. Un miraggio che, però, è durato davvero poco. Velocemente, infatti, sono arrivati i meeting dove lei, asiatica, era circondata da uomini bianchi, che non le davano retta. Da tempo però Google promuove la cultura della democrazia, sostenendo che la discriminazione non è più un problema e che le donne che cercano di elevarsi dovrebbero semplicemente lavorare più a lungo. Di tutta questa storia, ovviamente, Google non sa nulla. Ha, peraltro, affermato di operare le assunzioni concentrandosi sulle rubriche con metriche oggettive.