29 marzo 2024
Aggiornato 12:30
fintech

Sempre più nazione da (equity) crowdfunding, ma le insidie sono dietro l'angolo

Chi sarebbe nuovamente disposto a investire capitali in un nuovo progetto se il precedente investimento è fallito? Nel crowdfunding, soprattutto equity, è importante il controllo di qualità

MILANO - Abbiamo imparato a conoscere sempre di più il crowdfunding. Negli ultimi 5 anni, se facciamo una piccola ricerca su Google Trend, l’interesse degli utenti nei confronti di questo strumento ha visto una costante crescita, lenta, ma tutto sommato costante. Lo cerchiamo. E’ vero, qualcuno sbaglia ancora a scrivere la parola crowdfunding e grida agli inglesismi adducendo a una ‘normale’ raccolta fondi online. Eppure, ammettiamolo, ormai ci stiamo erudendo su questo nuovo strumento. Forse non siamo ancora troppo consci della sua valenza finanziaria, soprattutto quando ci riferiamo al crowdfunding civico e lo vediamo sotto il profilo etico piuttosto che economico e monetario (anche se stiamo sempre parlando di soldi). Ma in linea di massima siamo sulla buona strada, al riparo dalle insidie. O forse no?

Sempre più crowd-funders
Ci affidiamo anche di più all’equity crowdfunding, diverso dal ‘reward’ in quanto prevede una sottoscrizione di quote da parte di chi decide di investire nella società medesima. Secondo Crowd Advisor, che ha analizzato i dati raccolti dal sito specializzato CrowdfundingBuzz.it, l’investimento medio fatto alle startup in equity crowdfunding è di 3500 euro per investitore, inferiore alla media del 2016 che si attestava a 5800 euro per investitore. Aumenta anche il numero di chi decide di investire: 1457 nei primi 6 mesi del 2017 contro i soli 747 dell’intero 2016 (per un mercato che solo in questi mesi ha già raccolto 5 milioni di euro). Questi dati ci suggeriscono che, in linea di massima, aumentano gli investitori che, pur investendo relativamente poco, lo fanno sempre più spesso. Un dato che può essere letto in due modi differenti: se da una parte è positivo che sempre più persone decidano di finanziare startup attraverso l’equity crowdfunding, è anche possibile che tra queste ci siano persone che conoscono relativamente poco il mondo delle startup innovative e lo facciano senza considerare i rischi che l’investimento in sé comporta.

I rischi e le insidie del crowd
Del fatto si è discusso durante l’evento organizzato da CrowdFundMe per parlare dei risultati del settore, una delle principali piattaforme di equity crowdfunding in Italia che ha permesso peraltro che il mercato raggiungesse tali importanti risultati (1 milione e 800mila sui 5 mila raccolti in totale), al quale ha partecipato anche Gabriele Ronchini, AD e fondatore di Portfolio Development di Digital Magics: «E’ facile ipotizzare che chi investe 300-400 euro in una startup non sia un investitore seriale - ha detto Ronchini -. Partendo dal presupposto che molte startup decidono di finanziarsi con l’equity crowdfunding nel primo periodo della loro esistenza, quando il tasso di mortalità è maggiore, questi investimenti hanno quindi un tasso di fallimento e di rischio piuttosto elevato». Se non controllata, questa insidia, potrebbe quindi rappresentare un’arma a doppio taglio per le piattaforme di equity crowdfunding. Se i progetti presenti sulle piattaforme non sono già stati in qualche modo validati, possono rappresentare un salto nel vuoto per gli investitori italiani (risparmiatori) che rischiano di veder la startup fallire e sparire i loro soldi. Chi sarebbe nuovamente disposto a investire capitali in un nuovo progetto se il precedente investimento è fallito? Questa insidia potrebbe determinare, nel lungo periodo, un possibile crollo delle piattaforme, soprattutto in termini di credibilità.

Il controllo di qualità
In questa visione assume sempre più importanza un controllo di qualità che funga da barriera d’ingresso per i progetti che intendono sfruttare le piattaforme di equity crowdfunding, un controllo che può essere svolto in concomitanza con gli incubatori: «Qualificare l’ingresso delle startup a questo strumento finanziario è molto importante e lo è soprattutto per chi investe - ha aggiunto Ronchini -. Piattaforme e incubatori possono e dovrebbero lavorare insieme non solo per filtrare i progetti all’ingresso, ma per assumere anche una posizione di riferimento, di advisor, per l’investitore che, pur non conoscendo in modo approfondito il mondo delle startup, abbia comunque intenzione di supportarlo». Il controllo di qualità dei progetti sulle piattaforme di crowdfunding, in particolare su quelle di equity, permetterà al mercato una crescita sempre più costante, impedendo agli investitori di abbandonare lo strumento, qualora l’investimento non dovesse risultare proficuo. Aumentando così la credibilità dell’intero sistema. E le possibilità di tutti.