19 aprile 2024
Aggiornato 17:00
Terorrismo

A New York torna il terrore, ma la strage non ferma la parata: possiamo ancora parlare di «normalità»?

All'apparenza, sembra tutto nella norma. Ma in realtà, una mattina come le altre non è, quella di oggi a New York City. Il racconto della nostra inviata

NEW YORK - All'apparenza, sembra tutto nella norma. Camminando per le strade di Manhattan, si incrociano tanti newyorkesi affrettarsi per raggiungere i propri posti di lavoro, sorseggiare caffè americani o accompagnare i bambini a scuola. Ma in realtà, una mattina come le altre non è, quella di oggi a New York City. E non tanto perché è il giorno dopo la «grande notte» di Halloween, celebrata con passione da ogni americano che si rispetti. Ieri, verso le 3 del pomeriggio, dopo 16 anni da quel tragico 11 settembre 2001 che ha cambiato la storia degli Usa e del mondo intero, la Grande Mela ha conosciuto nuovamente il terrore. Un episodio ampiamente anticipato dalle tante sue manifestazioni europee – in Germania, in Spagna, nel Regno Unito, in Belgio, in Francia – e che ormai segue uno schema ben determinato, ampiamente teorizzato nei suoi canali propagandistici da Daesh, e diligentemente messo in pratica più volte dai lupi solitari. Il frame del veicolo impazzito che falcia la folla è forse meno spettacolare di quell'immagine – che rimarrà per sempre impressa nella memoria di tutti – degli aerei che si disintegrano contro la maestosa struttura delle Torri Gemelle, ma, in fondo, la sensazione è la stessa.

La strage di Halloween
Ieri, negli occhi dei newyorkesi si leggeva lo stesso smarrimento e la stessa disperazione di 16 anni fa. La stessa incredulità, tanto più che la tragedia è avvenuta in una delle giornate che la Grande Mela attende con più impazienza per tutto l'anno, tanto da essere ribattezzata sui media la «strage di Halloween». Un secondo prima, infatti, la città, sovrastata da un bel sole autunnale senza nuvole, era in fermento. Passeggiando per le strade di Manhattan, anche in orario di lavoro non era difficile incontrare gente mascherata, comitive studentesche rigorosamente travestite, mentre nella zona del West Village, nella parte meridionale di Manhattan, le forze dell'ordine cominciavano a transennare le strade, ricordando ai passanti che la metropolitana avrebbe chiuso eccezionalmente alle 4 del pomeriggio in vista della grande parata.

Daesh esulta sul web
Quindi, verso le 15.15, l'impensabile: prima un'auto che travolge la pista ciclabile che corre lungo Lower Manhattan, poi una sparatoria. Due episodi che sembrano inizialmente irrelati, ma dei quali poi emergerà il collegamento. Il bilancio è subito pesante: otto morti, di cui due di infarto (tra loro 1 donna belga e 5 amici argentini, a New York per festeggiare il 30esimo anniversario del loro diploma: Hernán Diego Mendoza, Diego Enrique Angelini, Alejandro Damián Pagnucco, Ariel Erlij and Hernán Ferruchi) e 11 feriti accertati (di cui due bambini, gravi). Daesh esulta sul web. E l'attentatore,  Sayfullo Habibullaevic Saipov, uzbeko 29enne, pare aver urlato, durante il suo crimine, «Allah Akbar», e lasciato, secondo quanto si apprende dai media, sul pick-up bianco Home Depot, probabilmente noleggiato, un bigliettino da cui sembra emergere la sua fedeltà ai terroristi del sedicente Stato islamico.

A New York torna in scena il terrore
Siamo all'altezza dell’incrocio con Chambers Street, tra la Stuyvesant High School e il Borough of Manhattan Community College: è lì che il pick-up impazzito ha cominciato a travolgere i ciclisti, terminando la propria folle corsa contro uno scuolabus giallo. A quel punto, quindi, è iniziata la sparatoria. Sullo sfondo della Freedom Tower, costruita all'indomani dell'11 settembre dove prima sorgevano le Torri Gemelle, è andato in scena, di nuovo, il terrore. Ma l'atmosfera è rimasta, tutta la sera, straniante. Alcuni studenti della scuola superiore lì vicino, addirittura, hanno raccontato di non aver capito, fino all'ultimo, che si trattava di vita reale, e non di una messinscena di Halloween, pur guardando con i propri occhi i lenzuoli bianchi stesi a proteggere i corpi delle vittime.

Il racconto dei testimoni
Elizabeth Chernobilsky è una giovane liceale della Stuyvesant High School. Ai giornalisti ha raccontato: «Ero alla finestra e ho visto due corpi per terra. I ciclisti non erano consapevoli che quel pick-up stesse per arrivargli addosso e quando è successo, e il camion è andato avanti, ho visto persone completamente disorientate camminare a stento per la strada», ha spiegato, circondata dagli obbiettivi di fotografi e cameramen. «Ero a scuola in quel momento, in shock: New York è una città super-popolosa, sapevo che qualcosa di simile fosse successo in Europa e ho sentito subito di dover avvisare i miei parenti». Ma l'effetto di «straniamento» si amplificava a mano a mano che ci si allontanava dal luogo della strage.

Il ritorno alla "disturbante normalità"
Perché, soltanto a qualche metro di distanza, camminando sulla Greenwich Street che attraversa il coloratissimo Village –, nei minuti immediatamente successivi alla strage, si veniva colpiti da una cappa di quasi assoluta e lontanamente disturbante normalità. Una normalità che ti colpisce violentemente quando ti rendi conto che oggi, ad eventi di questo tipo, non si può che farci l'abitudine, digerirli e andare avanti. E' bastato quindi un minimo di distanza nel tempo e nello spazio perché tornassero protagonisti le zucche, i travestimenti, i bambini dediti al tradizionale «Trick or treat»?, e i preparativi per la parata prevista per la sera. Parata che si è tenuta regolarmente, con il governatore Andrew Cuomo e il sindaco uscente Bill De Blasio in prima fila («Siate newyorkesi, vivete la vostra vita e non lasciate che loro cambino le vostre abitudini, non lasciatevi cancellare»). Nonostante qualche ora prima Manhattan fosse ripiombata nel terrore, poco distante da dove, 16 anni fa, insieme alle Torri Gemelle crollò un intero ordine mondiale.