28 marzo 2024
Aggiornato 22:00
Referendum Catalogna

La Spagna a un passo dalla deriva jugloslava. Il terremoto della Catalogna rischia di travolgere l'economia globale

Circa venticinque anni fa, nel cuore della ex Jugoslavia, il più importante conflitto combattuto in Europa dal termine della Seconda guerra mondiale scoppiò su principi nazionalistici. Gli elementi in campo oggi sono in parte riconducibili a quel tempo

BARCELLONA - Il calcio è il cuore della società odierna: metafora abusata, ma mai come oggi aderente alla verità. La rivalità tra Barcellona e Real Madrid ricorda molto quella tra Dinamo Zagabria e Stella Rossa Belgrado, di cui nel tempo si sta spegnendo il ricordo in Europa. Eppure quella rivalità fu la miccia che fece esplodere un paese, terminale finale di un odio lungamente covato. In linea teorica, semplificando, la squadra catalana ha una tifoseria di sinistra, mentre il Real di Cristiano Ronaldo ha tifosi di destra. I due club hanno lo stesso sostrato sociale come proprietà, ovvero capitale transnazionale. Il Barcellona però incarna la resistenza sportiva contro gli ultimi retaggi del franchismo: un discorso puramente astratto, simbolico, retaggi che giacciano nel cassetto dei ricordi della storia.
Ma che in questi tempi di eccitazione mediatica compulsiva vengono utilizzati come clave mediatiche. Lo sciopero dei giocatori del Barcellona, per molti aspetti patetico visto che parliamo di multimiliardari che non sono manco catalani, la maggior parte, va in questa direzione. Dinamo Zagabria e la Stella Rossa per anni furono ai vertici del campionato jugoslavo e molto spesso si contendevano il titolo. La rivalità tra tifoserie fu una rivalità tra croati e serbi, sublimata nello sport. Nel 1990 si giunse al famoso «derby» che tuttavia non venne neanche giocato a causa dei disordini in atto sugli spalti. Gli scontri ebbero luogo in un momento cruciale per la ex Jugoslavia: il 6 maggio, pochi giorni dopo le elezioni croate, che videro la vittoria dell’Unione Democratica Croata guidata da Franjo Tudjman. Con questo esito la Slovenia e la Croazia, guidate da gruppi politici nuovi, erano saliti in testa al piano di riorganizzazione della Jugoslavia in una confederazione. Tale progetto aveva i suoi oppositori più accesi in Serbia e in particolare nel partito socialista di Milosevic. Gli scontri successivi che si ebbero sugli spalti provocarono 60 feriti. Le rispettive tifoserie furono la base delle milizie paramilitari croate e serbe.

Similitudini e differenze
Circa venticinque anni fa, nel cuore della ex Jugoslavia, il più importante conflitto combattuto in Europa dal termine della Seconda guerra mondiale, scoppiò su principi nazionalistici. Gli storici, e i commentatori politici, ancora non azzardano un paragone simile, tra Spagna e ex Jugoslavia, ma gli elementi in campo oggi in Spagna sono in parte riconducibili a quel tempo. Il contesto economico è molto diverso: quello della Jugoslavia indebolito, sebbene infinitamente più solido degli altri paesi socialisti che in buona parte erano già crollati, subiva una crisi economica strisciante ma pervasiva. La Spagna sta lentamente uscendo da un crisi economica profonda anche se rimane un paese «ricco». Le due crisi non sono paragonabili. La proclamazione dell’indipendenza da parte della Slovenia fu imperiosa e praticamente priva di un reale conflitto militare. Due mesi circa di conflitto, poi gli sloveni ottennero l’indipendenza. Quanto sta accadendo oggi ricorda invece molto più da vicino il distaccamento della Croazia del generale Tudjman. Che vide l’esplosione del conflitto cruento. Slovenia e Croazia erano i paesi più ricchi della confederazione jugoslava, mentre il sud del paese era povero ed arretrato. Inoltre, oggi come allora siamo di fronte ad un uso, e abuso, pubblico della storia passata: in Spagna vengono recuperati la guerra civile e il franchismo. Nella ex Jugoslavia, al tempo, la Seconda guerra mondiale o addirittura la sconfitta contro i turchi da parte di re Lazar nel 1389: rispolverarono ossari di vittime Ustacia. E' solo un esempio.

Comunità internazionale e baschi
Oggi la comunità internazionale è silente o impaurita da quanto sta accadendo. Ma, al tempo, arrivò il riconoscimento da parte di Germania e Vaticano della secessione slovena e croata. Riconoscimento che scatenò una concatenazione di opposte resistenze. Oggi chi sarà il primo a dire «sì, noi riconosciamo l’indipendenza della Catalogna»? Una responsabilità enorme, che potrebbe far collassare l’Unione Europea come fece crollare la Jugoslavia. Molto simile è il muro contro muro, ormai fuori controllo se è vero che il governo centrale spagnolo starebbe mobilitando l’esercito e pianificherebbe un’invasione a suon di carri armati. Sarebbe lo scenario catastrofico della ex Jugoslavia. Le domande vertono sul progressivo incendiarsi di spinte secessioniste. Cosa faranno i baschi? Continueranno ad avere un basso profilo come stanno facendo, oppure avanzeranno anche loro le loro richieste? Si costruirà un movimento di sostegno globale per la Catalogna indipendente che porterà a Barcellona non più legioni di turisti ma una vera e propria legione straniera pronta a combattere?

Crisi finanziaria europea, forse globale
In ultimo, ma non meno importante. Che impatto ci sarà sull’economia europea, e globale, se si giungerà ad un scontro aperto tra Catalogna e Spagna? Le borse hanno dato i primi segni di insofferenza, con forti ribassi nel settore bancario. L’economia spagnola riuscirebbe a sopravvivere in virtù di un’amputazione economica così importante? Cosa sarebbe del suo debito pubblico quotato sui mercati? Probabilmente prezzerebbe poco più che carta straccia. Gli scenari si accavallano, sempre più minacciosi. Nel caso in cui il governo centrale decidesse per la linea dura ma non militare, si andrebbe verso un embargo economico? E chi lo sosterrebbe? Questi scenari economici, per molti aspetti apocalittici, quali ripercussioni avrebbero sul mercato globale?