25 aprile 2024
Aggiornato 03:00
Presidenza Trump

Trump all'Onu, la parola chiave del suo discorso? Sovranità

Non solo minacce a Corea del Nord e Iran e critica all'eccesso di burocrazia nell'Onu. Innanzitutto, Donald Trump ha difeso nettamente davanti all'Assemblea Onu il diritto-dovere delle nazioni, Usa in primis, a difendere i propri interessi. In una parola, la propria sovranità

Il presidente Usa Donald Trump
Il presidente Usa Donald Trump Foto: ANSA/AP Photo/Richard Drew ANSA

NEW YORK – Era un debutto molto atteso quello del presidente Usa Donald Trump di fronte all'Assemblea generale dell'Onu. Quel famoso palazzo di vetro che campeggia, occupando ben 73 ettari di terreno, sull'East River a New York, ha assistito a molte orazioni di personaggi autorevoli, in alcuni casi tra le più lunghe e retoriche mai pronunciate. Il record dei record quanto a prolissità fu conquistato da un politico indiano che parlò per ben otto ore e mezza. Ma tra i più memorabili, vi furono i discorsi di Krusciov, che alla fine si sfilò una scarpa e la battè sul tavolo, quello di Fiedel Castro in tenuta da guerrigliero, ma anche quello di Arafat, che rivendicò ai palestinesi l'indipendenza e la sovranità, ma finì per equiparare sionismo e razzismo suscitando il biasimo della platea.

Un discorso programmatico intriso di realismo
Ed è forse per non cadere in un eccesso di retorica, che ben poco, peraltro, gli si confà, che Trump ha deciso di fare del suo primo discorso all'Onu un manifesto programmatico della sua presidenza,per di più intriso di realismo. Un realismo, ha detto, profondamente radicato nei valori che contraddistinguono gli Stati Uniti d'America. Un cenno all'uragano che ha distrutto Caraibi e Florida, un riferimento ai buoni risultati economici raggiunti nei primi mesi della sua presidenza; quindi, la promessa di nuovi imponenti investimenti (700 miliardi di dollari) nella difesa per tenere testa ai pericoli che il terrorismo globale ma anche le nuove tecnologie (che sono anche una grande opportunità, ha specificato) pongono. Ma se si volesse riassumere il discorso di Trump in una sola parola, quella parola sarebbe – autentico segno dei tempi – «sovranità».

Parola d'ordine sovranità
Un termine poco di moda negli ultimi decenni, ma che oggi, con l'affermarsi di nuove istanze nazionalistiche e protezionistiche proprio a partire dagli Stati Uniti, è sempre più di stretta attualità. Secondo Trump, l'Onu si fonda proprio sul concetto di cooperazione tra nazioni sovrane sin dalla sua fondazione, e da quando fu varato il Piano Marshall a sostegno dell'Europa. Un concetto che riecheggia, ha detto Trump, nelle prime tre parole della Costituzione americana: «We the people». Parole che facilmente il Presidente ha potuto ricollegare con lo slogan in nome del quale è stato eletto alla Casa Bianca: «America first». Per la prima volta all'Onu un Presidente degli Stati Uniti rivendica in maniera tanto netta ed esplicita il dovere degli Stati Uniti, e di ogni altro Stato, di mettere al centro e al primo posto i propri interessi nazionali. Un concetto che, non a caso, ha suscitato in una platea molto più abituata al verbo della globalizzazione un timidissimo applauso.

Corea del Nord e Iran, minacce alla sovranità e alla sicurezza
Il centro del discorso di Trump è stato proprio questo: l'idea, cioè, che si possa lavorare insieme tra nazioni libere mantenendo la propria sovranità, assicurando il rispetto della propria storia, della propria cultura e, non da ultimo, dei propri confini. L'America, ha detto Trump, non cercherà più di imporre al mondo il proprio «stile di vita». Interverrà solamente per difendere i propri interessi e la sovranità delle nazioni libere. Una sovranità, ha affermato, che deve essere rispettata ad ogni costo, dall'Ucraina alla Corea del Sud. Proprio in tale prospettiva, ha affermato il Presidente, la Corea del Nord deve sapere che se continuerà a minacciare il mondo, gli Stati Uniti non vedranno davanti a sé altra scelta che distruggerla. Equiparata alla Corea del Nord, la minaccia che, ad avviso del Presidente, proviene dall'Iran: Trump si è espresso con parole particolarmente dure contro lo Stato arabo e contro l'accordo sul nucleare messo a punto dall'amministrazione Obama, a conferma che il nuovo nemico americano dell'era Trump è proprioTeheran.

Le criticità dell'Onu, riassunte con il termine «burocrazia»
D'altro canto, ha proseguito il Presidente, giungendo a uno dei punti forse più interessanti del suo discorso, l'Onu serve proprio a questo: a far sì che nazioni sovrane, libere e indipendenti possano lavorare insieme per garantire pace e prosperità alle future generazioni. Una missione che fino ad ora è stata ostacolata, ha detto – confermando quanto denunciato in precedenza dallo stesso segretario Guterres –, da un eccesso di «burocrazia». «Burocrazia» è il termine usato da Trump per denunciare quelle che, a suo avviso, sono alcune delle storture dell'Organizzazione. Prima di tutto, il Presidente Usa ha rinfocolato le polemiche in merito all'adesione degli Usa allo Human Rights Council, dopo che, a giugno, aveva minacciato di lasciare il Consiglio a causa delle sue posizioni critiche sulle politiche israeliane nei confronti della Palestina. Altro tema affrontato da Trump, l'impegno sproporzionato degli Usa alla costruzione del badget dell'Onu: Washington, ha detto il Presidente, da sola garantisce il 22% dei fondi nonostante ben 193 nazioni facciano parte dell'Organizzazione.

70 anni di fallimenti
Un impegno, ha proseguito Trump, che potrebbe essere considerato un buon investimento, se solo l'Onu raggiungesse i risultati che si prefigge. Un neanche troppo velato riferimento ai 70 anni di immobilismo dell'Organizzazione, immobilismo che in effetti è dovuto a diversi fattori: in primis la sua stessa struttura, con i soli membri del Consiglio di Sicurezza (Francia, Russia, Gran Bretagna, Usa e Cina) con diritto di veto, una criticità spesso evidenziata ma che, per ora, non ha ancora portato ad alcuna riforma rilevante, nonostante il sistema si sia rivelato palesemente inefficace per risolvere i principali conflitti internazionali. Su di esso, infatti, si riverberano la costosa eredità della Guerra fredda e i calcoli che derivano da un equilibrio di potenza che Russia e Cina non possono che difendere strenuamente. Senza contare che, anche laddove l'Onu è effettivamente intervenuto, come in Ruanda nel 1994 o in Bosnia nel 1995, l'invio dei caschi blu non ha evitato che venissero perpetrati storici massacri.

La massima di Truman, e la domanda delle domande
Al di là della critica all'eccesso di burocrazia dell'Onu e all'enunciazione dei singoli punti della sua politica interna ed estera, è sempre l'idea di «sovranità» e di «interesse nazionale» ad emergere prepotentemente dal discorso di Trump. Al punto che il Presidente ha citato una famosa massima del suo predecessore Truman, secondo cui non devono esistere sostituti alle nazioni sovrane e indipendenti. Questo, per Trump, dev'essere il senso ultimo delle stesse Nazioni Unite; mentre la prima e più fondamentale domanda che, a suo avviso, i suoi membri devono porsi dovrebbe essere: «Siamo ancora disposti ad essere patrioti?».