19 marzo 2024
Aggiornato 03:00
L'intervista

Vitangeli: «La riforma del Mes? Dannosa per l'Italia. E potrebbe far cadere il Governo»

L'economista Arnaldo Vitangeli analizza al DiariodelWeb.it la situazione dell'esecutivo, che non ha più i numeri e rischia di esplodere sulla riforma del Mes

Il Ministro Roberto GUALTIERI con il Presidente del Consiglio, Giuseppe CONTE
Il Ministro Roberto GUALTIERI con il Presidente del Consiglio, Giuseppe CONTE Foto: Filippo Attili ANSA

Su un governo italiano che ha già mostrato tutti i suoi limiti nella gestione sanitaria ed economica della crisi coronavirus si abbatte ora il caso della riforma del Mes. Una misura molto controversa, secondo alcuni osservatori profondamente contraria agli interessi del nostro Paese, ma a cui Conte e i suoi hanno già dato un sostanziale via libera. Nonostante la contrarietà di ampi pezzi del Movimento 5 stelle, sempre più sul punto di esplodere. Dall'altro lato Forza Italia, dopo aver flirtato con l'esecutivo per diversi giorni e incassato una legge salva Mediaset, alla fine ha preannunciato il suo voto a sfavore. E dunque non soccorrerà una maggioranza incerta nei numeri, che proprio quando il Senato si dovrà esprimere sul Mes, il 9 dicembre prossimo, rischia seriamente di venire giù. Il DiariodelWeb.it ha analizzato questo scenario con Arnaldo Vitangeli, economista e curatore del blog La finanza sul web.

Arnaldo Vitangeli, che giudizio dà della risposta del governo Conte alla pandemia?
Innanzitutto credo che vada un po' ridimensionato il dato di questa emergenza, la cui gravità viene definita senza precedenti. Il mio non è negazionismo, perché nessuno nega l'esistenza del virus, ma è semmai un'opinione critica.

E la sua opinione qual è?
Prima di tutto: i numeri ci dicono che quest'emergenza non è affatto inedita. Le epidemie influenzali classiche, che abbiamo sperimentato costantemente, portavano a risultati per certi aspetti analoghi. Già negli ultimi quattro o cinque anni si leggevano, sulle prime pagine di tutti i giornali, articoli allarmati che informavano come i posti in terapia intensiva fossero oberati e che raccomandavano fortemente il vaccino per i soggetti vulnerabili. Il coronavirus è certamente più serio, ma non in maniera spropositata. Se pensiamo che le vittime sono persone che hanno un'età media di 84 anni e 3,4 patologie pregresse, ci accorgiamo che probabilmente la descrizione di questo fenomeno ha assunto toni eccessivamente gravi. Il problema, fondamentalmente, è di altra natura.

Qual è il vero problema, dunque?
Quello della sanità pubblica, che negli scorsi decenni è stata letteralmente smantellata, in nome di presunte esigenze economiche di diminuzione dei costi, e con un'attenzione particolare agli interessi privati. Non è tanto il virus ad aver creato questa situazione, ma i tagli lineari.

Per fare l'avvocato del diavolo, il governo Conte potrebbe rispondere che i tagli li hanno operati gli esecutivi dei decenni passati.
Eppure oggi ci ritroviamo al governo tutti i principali responsabili, ideologici e materiali, di quei tagli. Penso ad esempio a Zingaretti nel Lazio, il segretario del Pd: che non è il partito di maggioranza relativa, ma è come se lo fosse, visto che il M5s si è ormai liquefatto. Non solo, ma le forze che compongono il governo, a parte i Cinque stelle, sono quelle che storicamente hanno appoggiato di più le richieste di Bruxelles e si sono spese di più per le cosiddette riforme volute dall'Europa, ovvero i tagli alla spesa sociale, che oggi paghiamo cari.

Dal punto di vista della gestione economica, invece, il giudizio qual è?
Ci sono molti problemi a diversi livelli. Intanto bisogna capire se questi lockdown siano di fatto necessari oppure no: abbiamo visto Paesi come la Svezia, che hanno adottato un approccio completamente opposto, non solo non ritrovarsi in una situazione apocalittica come veniva pronosticato, ma registrare una percentuale di decessi simile a quella italiana, e addirittura migliore nella seconda ondata. Poi penso che il governo abbia commesso degli errori clamorosi: non si può chiudere in casa una popolazione, bloccare ogni forma di attività economica, e non prevedere ristori immediati e adeguati alla gravità dei fatti. C'è gente che aspetta ancora la cassa integrazione: questo è assolutamente inaccettabile.

Quali misure sarebbero servite, in concreto?
Dovevano essere previste immediatamente delle misure economiche che consentissero, soprattutto alle piccole imprese, di rimanere in piedi. Questo non è stato fatto, a differenza di quanto è avvenuto in Germania, in Svizzera, negli Stati Uniti. Noi abbiamo imposto restrizioni più dure rispetto ad altri Stati, e ancora non è chiaro se fossero necessarie o meno, ma contemporaneamente non abbiamo pensato di tutelare la popolazione, a cui si chiedeva di stare a casa, dal disastro economico a cui andava incontro. Tutto ciò, naturalmente, si ripercuote anche a livello politico.

Su quali aspetti?
Sugli equilibri interni della maggioranza e sul consenso pubblico, che già era minoritario. Un'ulteriore aggravante, infatti, è che queste misure sono state prese da un governo che tutti sanno, compresi gli stessi soggetti che lo compongono, essere minoranza nel Paese.

Il via libera alla riforma del Mes, arrivato in questi giorni, sembra del resto riconfermare l'assoluto appiattimento del Pd sulle posizioni dell'Unione europea e la sostanziale inconsistenza del M5s, che sulla carta era più critico.
Assolutamente sì. Ancora una volta un M5s ormai allo sbando, pur di garantirsi la poltrona, si è rimangiato le promesse contrarie. Ma soprattutto è stata sottolineata l'irrilevanza del nostro Paese e questo è un dato gravissimo. Se noi pensiamo che siamo tra i fondatori della Ue, siamo la terza economia europea, siamo contributori netti, cioè diamo più soldi alle istituzioni europee di quanti ne riceviamo indietro, dovremmo essere un Paese che politicamente conta moltissimo. Invece ci dimostriamo meno capaci di far valere i nostri interessi rispetto ad altri Stati molto più piccoli.

Ad esempio?
Ad esempio l'Ungheria di Viktor Orban: che è percettore netto, non è nell'Eurozona né tra i fondatori, ha un Pil che è un decimo del nostro e una popolazione molto più ridotta. Eppure, nel momento in cui i fondi del Recovery Fund sono stati vincolati ad una serie di norme che per loro erano indigeste, semplicemente hanno posto il veto. L'Italia, invece, ci sta sempre.

Perché?
Il governo, per molto tempo, ha spinto sulla cosiddetta ottica di pacchetto. Ovvero, firmare la riforma del Mes, ottenendo in cambio delle contropartite sul piano dell'unione bancaria, in modo da tutelare non tanto i cittadini italiani ma le banche. Da Bruxelles hanno risposto picche, ma il governo ha comunque dato il suo consenso in bianco ad una riforma che è dannosissima per l'Italia. Letteralmente in cambio di niente. Un crimine nei confronti del Paese.

Quali sono i contenuti di questa riforma?
Si prevedono due differenti linee di credito. Una per i Paesi virtuosi, quelli del Nord Europa, che non dovranno sottostare a memorandum, quindi in caso di bisogno potranno prendere questi soldi senza essere vincolati a politiche economicamente disastrose e socialmente insostenibili. L'altra linea di credito è per i Paesi ad alto debito, come l'Italia, che pure mette 14 miliardi nel Mes e ne è il terzo contributore. Se mai dovessimo aver bisogno di questi fondi, dovremmo farci commissariare, far venire la troika e fare la fine della Grecia.

L'opposizione, però, sembra altrettanto disunita. Forza Italia ha flirtato con il governo e anche Lega e Fratelli d'Italia hanno votato lo scostamento di bilancio. Cosa ne pensa?
Sono due comportamenti assolutamente diversi. Lo scostamento di bilancio è necessario e indispensabile: sono otto miliardi di cui il sistema Paese ha assolutamente bisogno, quindi è stato giusto votarlo. Se non l'avessero fatto, avrebbero messo i loro interessi di bottega davanti a quelli dei cittadini italiani, e questo sarebbe stato molto grave. Il Mes è una questione molto diversa e infatti Salvini e la Meloni, che a quanto mi risulta si sono coordinati, hanno posto un aut aut durissimo a Berlusconi. Ovvero, se qualcuno dell'area dell'opposizione votasse a favore della ratifica dell'accordo finirebbe immediatamente fuori dall'alleanza. E infatti Berlusconi ha risposto che non ci pensa nemmeno.

Ha fatto marcia indietro?
Ha fatto lo stesso gioco che fa da quasi trent'anni, fin dai tempi della Bicamerale. Mentre faceva il filo-governativo, ha incassato la legge su Vivendi, che tutela Mediaset. Appena è passata in via definitiva, cioè quando ha ottenuto quello che voleva, è tornato sui suoi passi. Lasciando il governo al suo destino.

E qual è il destino che prevede per il governo?
Sempre più traballante. Anche Renzi si è espresso in modo durissimo contro l'incapacità e l'inefficacia di questo governo, che è evidente. In una fase così grave, abbiamo un esecutivo sostanzialmente paralizzato, che litiga e discute su nomine, su poltrone e su equilibri interni, ma è profondamente diviso, composto da forze sostanzialmente incompatibili e dunque del tutto inadeguato. Non si parla minimamente di strategie di rilancio a medio termine, di questioni fondamentali per il Paese, ma c'è una continua ricomposizione di dissidi tra le forze della maggioranza. La situazione non può durare a lungo. Specialmente se al Senato, quando si voterà sul Mes, non potendo contare sul soccorso di Berlusconi ed essendo presente all'interno del M5s una componente fortemente contraria, potrebbero venir meno i numeri. È uno scenario possibile.