28 marzo 2024
Aggiornato 10:30
L'intervista

Galloni: «Perché l'Italia va verso il baratro (e come potrebbe salvarsi)»

L'economista Nino Galloni, già direttore generale del ministero del Lavoro, commenta al DiariodelWeb.it l'attuale situazione economica italiana e le possibili soluzioni

Capannone industriale
Capannone industriale Foto: Peter H Pixabay

Un'Italia come una macchina diretta a grande velocità verso il precipizio. Ma che ha ancora il tempo e la possibilità per prendere in mano il volante e sterzare, prima che sia troppo tardi. Magari addirittura con una mano dalla Banca centrale europea. È lo scenario che descrive l'economista Nino Galloni, già direttore generale del ministero del Lavoro, in questa intervista al DiariodelWeb.it, che lo ha interpellato per tracciare un bilancio dell'attuale situazione economica del nostro Paese, ma anche delle possibili vie d'uscita.

Professor Nino Galloni, dove sta andando l'Italia sul fronte economico?
Sono ormai decenni che andiamo verso il baratro e non c'è stato certamente un cambio di direzione. Non possiamo capire che futuro ci aspetta se non ci ricordiamo la nostra storia recente.

Ci faccia lei un breve riassunto.
Mario Monti ci portava verso il baratro a grande velocità e questo aveva creato delle reazioni tali nella società per cui fu repentinamente sostituito da Enrico Letta. Che a sua volta rallentò un po' la marcia ma tutto sommato non modificò la direzione. Per questo motivo si rafforzarono le forze di protesta, come i Cinque stelle dell'epoca e i forconi. A quel punto suonò un campanello d'allarme e dal cilindro venne tirato fuori Matteo Renzi: il quale, tutto sommato, con gli 80 euro ed altre trovate riuscì a moderare un po' questi movimenti che si stavano organizzando. Ma poi lui si andò a ficcare da solo in un guaio con il referendum, e così si è venuto a creare lo scenario delle ultime elezioni politiche.

Nemmeno nell'ultima legislatura è cambiato qualcosa?
Con il Movimento 5 stelle, che è finito per forza al governo, tutti ci aspettavamo un cambio di rotta. Che, però, non è avvenuto né con il governo gialloverde né con quello giallorosa. Insomma, siamo ancora perfettamente in pista per andare a finire male. Il Covid ha solo aggravato una situazione che però era compromessa già da prima.

Da uno scenario del genere come potremmo uscire?
Ci sono prospettive di vario tipo. La più semplice, probabilmente, è che la Bce compri i nostri titoli e che questi, alla fine della dichiarata emergenza, siano destinati a non essere rimborsati, pagando così solo gli interessi. Questo fenomeno si chiama retrocessione. Fino al 1981 in Italia era in vigore un compromesso, che ci aiutò tantissimo, per cui la Banca d'Italia comprava i titoli che lo Stato non riusciva a vendere. La Bce dovrebbe mettersi a fare lo stesso.

Se ciò si verificasse, uali sarebbero le conseguenze?
Una fase in cui il nostro debito pubblico aumenterebbe vertiginosamente, il rapporto debito/Pil peggiorerebbe e si creerebbe un deficit più alto. Ma, siccome il Fiscal compact è sospeso, tutto si riduce ad un problema politico: se, in cambio di questa prospettiva, le condizioni richieste sono accettabili. Certo che se, per soddisfare i Paesi frugali, dovessimo tagliare le pensioni o peggio, questo avrebbe un effetto molto negativo sul Pil e sulla domanda effettiva e sarebbe un errore. E chi lo commetterebbe, stavolta lo pagherebbe caro e amaro. Le imprese sono sul piede di guerra e, se dovessero chiudere e non farcela, mi aspetterei anche sommovimenti sociali. Ma un'Italia in situazione catastrofica o pre-catastrofica non farebbe comodo a nessuno dei principali attori finanziari internazionali.

L'ipotesi della retrocessione che ci ha prospettato è davvero realizzabile in concreto?
Siccome maschererebbe la fine dell'epopea della moneta a debito, consentirebbe anche ai poteri forti finanziari internazionali di restare a galla. Non a caso è una soluzione che Draghi, la Von der Leyen e la Lagarde caldeggerebbero. Bisogna vedere se, appunto, prevarranno i pruriti tedeschi e olandesi e ci chiederanno condizionalità che non so quanto questo governo sia disposto a concedere.

Qual è stato l'effetto reale della pandemia di coronavirus a livello economico?
Senza la pandemia ci sarebbe stata la necessità di una resa dei conti, introducendo una moneta non a debito e una riforma della contabilità bancaria, che avrebbero smascherato come funziona il sistema monetario internazionale da secoli. Le soluzioni possibili non erano compatibili con il mantenimento dell'assetto dei poteri forti internazionali e della situazione geopolitica. Il Covid è stato un virus dalle caratteristiche sicuramente nuove, ma che non giustificava tutto quello che è successo in Italia e all'estero. È stato una bella scusa per confondere le acque con l'emergenza sanitaria ed economica e non introdurre questi cambiamenti possibili. Ma siccome il modo in cui è stato affrontato ha aggravato le cose, bisognerà arrivare alla situazione tipica delle grandi crisi e dei dopoguerra, in cui i debiti si cancellano.

Quindi ci può essere anche un risvolto positivo?
Tanta sofferenza, a volte, può produrre dei risultati auspicabili. Si dice sempre che non tutto il male viene per nuocere...

Lei invoca una grande forza politica, economica, culturale e sociale unitaria che combatta queste battaglie. Come se la immagina?
C'è un'estrema sinistra, molto minoritaria, che ha mantenuto una certa coerenza e non hanno completamente abiurato alla loro storia. E c'è una destra extraparlamentare che ha le idee molto chiare a livello sociale e statuale, ma è un po' rifiutata perché viene additata di fascismo. Paradossalmente, è possibile un dialogo tra queste forze, insieme a quelle moderate post-democristiane, cattoliche e laiche, che possono convergere su un programma veramente democratico, basato innanzitutto sulla realizzazione della nostra Costituzione.