19 marzo 2024
Aggiornato 06:00
Economia

La Corte dei Conti stoppa il governo: no alla revisione della Fornero e al reddito di cittadinanza

Nel rapporto 2018 sul coordinamento della finanza pubblica, la magistratura contabile mette in guardia: spazi ristretti per riformare le pensioni e per la povertà

Un momento della presentazione della relazione annuale della Corte dei Conti nella sala della Lupa di Montecitorio
Un momento della presentazione della relazione annuale della Corte dei Conti nella sala della Lupa di Montecitorio Foto: Giuseppe Lami ANSA

ROMA – Altolà della Corte dei Conti ad ulteriori revisioni della legge Fornero. «Sono stretti, se non del tutto esauriti, gli spazi per ulteriori attenuazioni degli effetti correttivi della legge 214/2011, a meno di un ripensamento complessivo del sistema». Nel rapporto 2018 sul coordinamento della finanza pubblica, la magistratura contabile mette in guardia il legislatore: «È cruciale non creare debito pensionistico aggiuntivo». Nei prossimi anni – è il ragionamento alla base delle indicazioni della Corte dei Conti – il bilancio pubblico «sarà fortemente condizionato dall'invecchiamento della popolazione e dalle modifiche della struttura demografica». Il fenomeno «potrebbe avere effetti sulla spesa per la protezione sociale, previdenza-assistenza-sanità, più acuti di quanto finora atteso». Solo nel 2017 la spesa per prestazioni sociali in denaro è cresciuta dell'1,7%. Sono cresciute dell'1,2% le prestazioni pensionistiche, del 3,4% le altre prestazioni sociali. Nelle ultime proiezioni contenute nel Def 2018, il rapporto spesa per pensioni/Pil aumenta tra i 2 e i 2,5 punti percentuali al 2040. L'effetto sul rapporto debito pubblico/Pil risulterebbe marcato; un aumento di circa 30 punti nel 2070. È, dunque, «essenziale preservare i miglioramenti di fondo che il sistema previdenziale ha realizzato in questi decenni». Dunque, «ogni elemento di possibile flessibilizzazione dell'attuale sistema – è la conclusione dei magistrati contabili – dovrebbe contemplare compensazioni in grado di salvaguardare la sostenibilità finanziaria di lungo periodo».

Servono più risorse
Per il reddito di cittadinanza servono risorse straordinarie. La Corte dei Conti, pur non citando direttamente il provvedimento contenuto nel contratto di governo, avverte: «Appare evidente che l'obiettivo di aiutare una congrua quota di poveri assoluti (il tasso effettivo di coinvolgimento è in tutte le realtà internazionali sempre significativamente inferiore al 100%) richiederà un importante sforzo finanziario supplementare, rispetto a risorse che pure sono cresciute in misura incoraggiante». Nel rapporto 2018 sul coordinamento della finanza pubblica, la magistratura contabile definisce il Sostegno per l'inclusione attiva e il Reddito d'inclusione «un buon punto di partenza». Secondo la magistratura contabile «la strada da percorrere resta lunga e molti sono i problemi aperti, fra tutti quello del residuo grado di frammentazione degli strumenti di intervento e della disomogenea capacità degli enti locali di offrire servizi sociali». Molti interventi assistenziali «vengono ancora attivati non sulla base di una valutazione della situazione economica dell'intero nucleo familiare, ma spesso solo in base al reddito individuale, e talvolta solo a quello da lavoro». In questo quadro, «il problema di un'appropriata finalizzazione delle risorse è tutt'altro che risolto. Già negli anni Novanta si era segnalata l'esigenza di dotarsi di uno strumento efficace ed efficiente per la misurazione delle condizioni economiche delle famiglie e il necessario screening delle persone effettivamente vulnerabili». In questi anni «sono stati conseguiti risultati incoraggianti: del nuovo Isee l'operatore pubblico dovrebbe fare un uso ben maggiore», ha osservato la Corte dei Conti. Un «secondo ambito problematico, soprattutto per quel che attiene agli interventi che non si esauriscono in meri trasferimenti monetari, è quello dell'effettiva capacità di somministrazione di servizi e dunque quello delle differenziate capacità organizzative dei territori e del differente grado qualitativo dei servizi locali».

Abbassare il debito
Occorre inoltre accelerare sul fronte della riduzione del debito pubblico. È necessario «affrettarsi a ridurre, ed in prospettiva a rimuovere, l'inevitabile pressione che un elevato debito pubblico pone sui tassi d'interesse e sulla complessiva stabilità finanziaria del Paese», si legge nel rapporto. Si tratta di «un passo reso oggi più urgente anche proprio per le nuove proiezioni circa gli effetti di lungo periodo delle tendenze demografiche». Per la magistratura contabile, il triennio 2018-2020 si presenta come «un'eccezionale finestra» per la riduzione del debito: «Il congiunto operare della ripresa dell'inflazione e del permanere del costo medio del debito su livelli particolarmente bassi, dovrebbe garantire, diversamente dal passato, un differenziale favorevole tra crescita economica e costo del debito». Di tale situazione, dunque, «si dovrebbe approfittare per rendere più spedito il processo di riduzione del rapporto debito/Pil». La Corte dei Conti ritiene inoltre «auspicabile una riforma strutturale del sistema» fiscale. Nel rapporto 2018 sul coordinamento della finanza pubblica, la magistratura contabile punta il dito contro «l'onere improprio» che viene caricato sui redditi medi e medio-bassi, in particolare i contribuenti tra i 28 e i 55mila euro, che «vedono al contempo il massimo balzo di aliquota legale (+11 punti) e la massima riduzione sul totale delle detrazioni (-28 punti)».

(da fonte Askanews)