24 aprile 2024
Aggiornato 10:30
Previdenza

Il flop dell'Ape social: ritardi, rinvii e ancora nessun assegno pagato

I primi assegni verranno messi in pagamento solo a gennaio 2018 e conterranno gli arretrati solo per circa 12mila persone

Il ministro del Lavoro e del Welfare, Giuliano Poletti
Il ministro del Lavoro e del Welfare, Giuliano Poletti Foto: ANSA/ VINCENZO TERSIGNI ANSA

ROMA – Il cosiddetto Ape, cioè l'anticipo pensionistico, è un flop. Nonostante sia diventato legge a tutti gli effetti oltre un anno fa con la manovra finanziaria del 2016 e sia entrato in vigore lo scorso maggio, nessun assegno è stato ancora pagato. Né quelli della versione «social», cioè quella interamente a carico dello Stato, né quelli della versione «volontaria». I pensionati italiani stanno ancora aspettando, anche se la legge per loro prevederebbe già la possibilità di andare in pensione al compimento dei 63 anni d'età. Ma sono bloccati in un limbo.

Il flop dell'Ape social
I primi assegni verranno messi in pagamento solo a gennaio 2018 e conterranno gli arretrati (in alcuni casi da maggio 2017) solo per 11.624 persone che hanno chiesto l’Ape social, in buona parte disoccupati senza più ammortizzatori da almeno tre mesi e quindi senza stipendio. E solo circa 3mila lavoratori precoci che avevano diritto all'Ape da maggio scorso riceveranno un rimborso. Ma non finisce qui. Nel corso del 2017, infatti, verranno accolte in tutto, tra Ape sociale e «precoci» solo 31.290 domande, meno della metà delle 66mila presentate all’Inps e circa la metà delle 60mila che il governo aveva – ottimisticamente - stimato un anno fa. Evidentemente l'Esecutivo di Paolo Gentiloni aveva fatto male i suoi conti.

A chi è riservato l'anticipo gratuito
Ricordiamo che l'Ape diventa «social», cioè a costo zero per il lavoratore in quanto si trasforma in una prestazione assistenziale a carico dello Stato, per alcune categorie sociali: i disoccupati cronici senza più ammortizzatori sociali, i lavoratori disabili o con disabili a carico - purché abbiano almeno 30 anni di contributi previdenziali versati (invece dei 20 precedentemente annunciati) - e gli aspiranti pensionati con un futuro assegno previdenziale lordo inferiore ai 1500 euro (che in pratica coincide con una pensione netta tra i 1.100 e i 1.200 euro contro i 1.650 euro lordi inizialmente richiesti dai sindacati). Ma l'Ape è social, e quindi gratuito, anche per i futuri pensionati che rientrano nella categoria dei lavori usuranti (sono oltre venti e tra queste ci sono i facchini, i lavoratori edili, alcune categorie di infermieri e le maestre d'asilo) (LEGGI ANCHE "Pensioni, le 5 vie per accedere all'Ape").

Per tutti gli altri il prezzo da pagare sarà molto alto
Ma questi pensionandi potranno beneficiare dell'anticipo pensionistico gratuito solo se hanno almeno 36 anni di contributi versati. In pratica, la platea dei destinatari dell'Ape social si restringe così a circa 25mila possibili beneficiari. Per tutti gli altri la faccenda è molto diversa: se i lavoratori vogliono ricorrere all'Ape dovranno farlo completamente a loro carico. E qui parliamo di circa 350mila lavoratori potenzialmente interessati: cioè i nati tra il 1951 e il 1953 che potranno andare in pensione a partire dai 63 anni, ossia 3 anni e 7 mesi prima rispetto a quanto stabilito dalla Riforma Fornero. In questo caso, però, dovranno sostenere le spese dell'anticipo pensionistico contraendo un mutuo ventennale per rimborsare l'anticipo versato per loro dalle banche. Così i pensionati pagheranno di tasca loro gran parte del costo della manovra, rinunciando a una percentuale sull'assegno previdenziale che può andare dall'1-2% al 15% a seconda dei casi. Secondo uno studio realizzato dalla Uil, se un pensionando accettasse di uscire dal mondo del lavoro con tre anni di anticipo grazie al meccanismo dell'Ape, a fronte di una pensione netta di 2500 euro mensili, dovrebbe pagare per vent'anni una rata di circa 500 euro per tredici mensilità l'anno.