19 marzo 2024
Aggiornato 08:30
Deutsche Bank è cinese

«China Deutsche Bank»: come l'impero cinese sta comprando il mondo

Il fondo di investimento Hna scala il colosso tedesco che da tempo naviga in acque tempestose. L'occidente, accecato dall'ideologia globale, mette sul mercato tutto se stesso

BERLINO - Di fronte alla potenza di talune operazioni finanziarie non rimane che riconoscere che il processo di globalizzazione sta attraversando la sua fase più travolgente, e quindi inarrestabile. Nulla possono i governi, e in generale la volontà popolare, di fronte allo strapotere della finanza. La notizia, passata quasi inosservata, è epocale: un fondo di investimento cinese è diventato il primo azionista del colosso bancario Deutsche Bank. La Hna Capital ha raggiunto quota 9,9% del capitale del più prestigioso istituto di credito tedesco, uno dei più importanti al mondo. Al vertice del gruppo Hna si trova un classico uomo d’affari cinese, Chen Feng, un miliardario di 63 anni che nel 1995 convinse George Soros a investire nella sua Hainan Airlines dove lavorava anche come stuart, e che oggi vanta un patrimonio personale pari a 81 miliardi di dollari. Dopo il boom con le linee aeree, Cheng ha diversificato i suoi investimenti che ora vanno dal turismo alla logistica, fino a espandersi fuori dalla Cina con investimenti in numerose società: da Uber a NH Hotel, fino a Ingram Micro, una compagnia californiana high-tech.Nel 2016 ha investito trenta miliardi di dollari in acquisizioni: fra i suoi investimenti Dufry, l'operatore di duty free svizzero, in Cwt e Hilton, oltre che nell'asset manager SkyBridge Capital. Avrebbe anche lanciato un'offerta per la tedesca Hsh Nordbank e il suo principale braccio finanziario, Hna Capital, non nasconde l'ambizione di diventare una banca d'investimento globale.

Cina superpotenza finanziaria

Questo è quanto ufficialmente si sa dei nuovi azionisti di riferimento di Deutsche Bank. Ma, come spesso accade quando ci si trova di fronte a macro investimenti provenienti dal Sol levante, oltre non ci si spinge. Una nuvola di opacità circonda soggetti misteriosi, che girano il mondo come se stessero facendo un safari finanziario. L’esempio del Milan, i cui nuovi proprietari sono ancora oggetto di intenso studio, è un esempio per tutti. La Hna, in ogni caso, appare come un gruppo misto, ideologicamente ultra capitalista e ultra comunista. Gli immensi fondi a disposizione sono sicuramente provenienti dalla grande cultura affaristica cinese, ma è bene ricordare che la mano del governo, e soprattutto del Partito Comunista, in questi colossi è sempre molto presente. Di fatto l’economia cinese ruota intorno al controllo che la burocrazia politica, incardinata sul partito unico, esercita sull’evoluzione capitalista dei suoi maggiori attori. E, come noto, tra costoro in prima fila vi sono i fondi di investimento che stanno facendo acquisti in tutto il mondo.

Finanzcomunismo, il nuovo ordine globale

Ma, al di là della frustrazione che può generare il vedersi soffiare pezzi di storia e cultura, risulta evidente che si stanno costruendo le fondamenta del nuovo ordine globale. Sul campo restano solo più Stati Uniti, Russia, Cina e Germania. I primi due possono far valere la loro potenza militare, mentre gli altri hanno una spinta economica che li rende più forti di qualsiasi portaerei. Le guerre di conquista, come noto, si sono spostate sui mercati: qui la Cina sta dilagando. Di fatto l’intero sviluppo economico planetario dipende dalla volontà degli burocrati cinesi che indirizzano immense masse di capitale. Di cui, duole ammetterlo, tutto il mondo occidentale è affamato: i cinesi questo lo sanno e lo sfruttano. Come? Comprando a prezzi stracciati tutto ciò che l’occidente è costretto a vendere perché oberato di debiti e recessione economica. Questo è il profilo, per molti aspetti paradossale, della globalizzazione finanziaria.

Italia sul mercato per vendere tutto

Solo pochi giorni fa Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, ha spiegato chiaramente un concetto e ha lanciato un proposta: vendere il patrimonio immobiliare, e non, italiano per poter coprire il debito pubblico. Premesso che si tratta di un proposta vecchia come il mondo, quella di vendersi la lenzuola al monte di pietà, sarebbe opportuno capire a chi vendere aziende di stato, palazzi, infrastrutture, banche. E soprattutto a quale prezzo. Perché, è bene ricordarlo, la scalata del fondo cinese Hna su Deutsche Bank che al momento si è fermata al 9,9% è avvenuta a prezzi stracciati: il titolo oggi vale circa il 60% in meno rispetto i massimi del 2008, questo a causa dell’annoso fardello che prende il nome di credito deteriorati.

I fondi di investimento cinesi e arabi dilagano in Europa

Non ci troviamo quindi di fronte a una situazione da mercato perfetto, ovvero il paradiso sociale che tutto dovrebbe regolare e moderare. Ci troviamo in una situazione squilibrata dove gli squali banchettano nel tranquillo mare del debito che attanaglia l’Europa. I fondi di investimento cinesi, e arabi, forti delle loro politiche monetarie, di una giurisdizione del lavoro inesistente, incuranti di ogni normativa ambientale, di fatto estranee al concetto stesso di diritto, non possono che dilagare in Europa. Dove, per altro, le oligarchie finanziarie ben rappresentate da Macron, o Renzi, plaudono l’arrivo di capitali cinesi o arabi. Ma anche questa non è una novità storica, cambia solo la scala dimensionale di queste dinamiche. Lo strozzato che portava le posate al monte di pietà, quando usciva con i pochi soldi in mano era solito sentirsi rallegrato. Il debito governa il mondo.