19 aprile 2024
Aggiornato 18:30

Caso Cucchi, La Russa: «Certo della correttezza dei Carabinieri»

Camera penale Roma: «Per morte Cucchi troppi silenzi»

ROMA - Cresce la polemica sulla morte di Stefano Cucchi, il 31enne arrestato per droga e morto dopo essere stato trasferito dal carcere di Regina Coeli all'ospedale Sandro Pertini. Ma il ministro della Difesa Ignazio La Russa assicura: il comportamento dei carabinieri è stato corretto.

«Di una cosa sono certo: del comportamento corretto dei Carabinieri in questa occasione». Lo ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, intervistato da Radio Radicale sul caso di Stefano Cucchi.

«Non c'è dubbio - ha affermato il ministro - che chiunque, qualunque reato abbia commesso, ha diritto a un trattamento assolutamente adeguato alla dignità umana. Quello che però è successo io non sono minimamente in grado di riferirlo, perché si tratta di una competenza assolutamente estranea al ministero della Difesa, in quanto attiene da un lato ai Carabinieri in servizio per le forze dell'ordine e quindi in dipendenza del ministero dell'Interno, dall'altro del ministero della Giustizia. Non ho strumenti per accertare. Di una cosa però sono certo: del comportamento corretto dei Carabinieri in questa occasione».

Per la Camera penale di Roma «non può essere consentito, non può semplicemente accadere, che Stefano Cucchi abbia potuto subire una fine così orrenda mentre era sotto la tutela prima della polizia giudiziaria che lo ha tratto in arresto; poi del pubblico ministero del giudice e del suo difensore di ufficio nel corso della udienza di convalida; poi ancora della direzione del carcere di Regina Coeli; poi dei medici del penitenziario e quelli del reparto controllato all'ospedale Sandro Pertini».

L'organismo di rappresentanza degli avvocati, presieduto da Giandomenico Caiazza, spiega: «Lo scandalo è che questo ragazzo abbia subito questo pestaggio mortale, con segni orrendamente evidenti sul corpo e sul volto, senza che nessuno di coloro che hanno avuto contatto con lui abbia sentito - a quanto risulta a tutt'oggi - il dovere innanzitutto morale di conoscere la verità, e comunque di segnalare immediatamente e con forza la evidenza dei fatti». Il comunicato è stato emesso anche perché «sarebbe troppo facile limitarci ad esprimere il nostro cordoglio, e ad accodarsi «alla generale riprovazione della atroce vicenda».