24 aprile 2024
Aggiornato 10:30
La finanziaria «leggera» sbarca in Senato, è attesa da 600 emendamenti

Domani lo scontro fra Tremonti e il partito della spesa

Intanto Bossi avverte, la riduzione delle tasse potrebbe essere un boomerang

Domani sapremo se a vincere sarà il partito della spesa o quello della lesina.
Al Senato esordirà infatti la Finanziaria leggera che rischia di diventare ben più pesante con il gravame di 600 emendamenti.
Sono richieste che hanno un peso specifico molto alto, considerando che buona parte di esse provengono dalla stessa maggioranza. Inoltre, e non bisogna dimenticarlo, i padrini di quelle proposte che ritengono insostenibile la leggerezza di Tremonti non procedono in ordine sparso, ma fanno parte di una falange agguerrita che ha già costretto il ministro dell’Economia a più di un incontro con il premier. Incontri dal quale non è uscito vittorioso.

SCENARIO ’92-93 - Tremonti probabilmente ha accettato una mezza sconfitta in casa Berlusconi puntando ad un risultato pieno da ottenere a riflettori spenti. E’una strategia che sta in piedi poiché a difendergli le spalle c’è Bossi che, sornione, ha liquidato il partito della spesa spiegando al suo popolo che quello che potrebbero guadagnare oggi vale molto meno di quello che potrebbero perdere ove un aumento del debito pubblico coincidesse con un aumento dei tassi di interesse. Un salasso che potrebbe rivelarsi automatico, imposto da chi potrebbe ritenere l’esposizione debitoria dell’Italia oltre il livello di guardia e quindi meno affidabile.
Ci piaccia o non ci piaccia nessuno presta soldi per beneficenza, meno che mai gli organismi internazionali. Un debito che tornasse ai livelli del 1992-1993, cioè intorno ad un rapporto di 120 punti sul Pil potrebbe sarebbe considerato dai creditori a rischio e quindi indurli a chiedere un incremento degli interessi per ripagarsi di una eventuale mancata restituzione. Attualmente, dopo essere scesi ad un rapporto110 negli anni scorsi, siamo risaliti a 116 punti, quindi molto vicini alla quota toccata negli anni ’92-93.

SPESA FACILE - Per valutare i pericoli che si potrebbero correre basta ricordare che non sono pochi quelli che fanno risalire la fine della prima Repubblica alla necessità di sbarazzarsi del partito, anzi dei due partiti, della spesa facile che negli anni avevano guardato con indifferenza al gonfiarsi del debito.
Ma anche a non voler credere alle dietrologie sulle cause che hanno determinato il golpe bianco consumato in un’aula del tribunale di Milano a preoccuparci dovrebbe bastare proprio l’atteggiamento assunto da Bossi in questa vicenda della riduzione delle tasse.
Se il leader della Lega, a costo di stupire il suo popolo si mette al riparo di quella stessa Europa, che in passato non ha mancato occasione di sbeffeggiare, pur di evitare l’allargamento dei cordoni della borsa, evidentemente stiamo messi proprio malino. Questo spiegherebbe anche l’intransigenza di Tremonti.

IL PARTITO DEL «RIGORE E DELLO SVILUPPO» - Ora si tratta di vedere come andrà a finire quella partita a scacchi praticamente cominciata nel momento in cui Silvio Berlusconi ha battezzato ad Arcore, davanti a Bossi e Tremonti, il partito vincente, quello del «rigore e dello sviluppo». A tenere insieme i due poli, apparentemente inconciliabili, dovrebbe essere la riduzione della spesa pubblica. Mario Baldassarri, ex viceministro dell’Economia in quota An, sostiene che i tagli sono possibili. Baldassarri ha infatti presentato praticamente una finanziaria alternativa a quella di Tremonti.
Quando si tratta di spesa il pensiero va naturalmente a scuola e sanità, le due voci più importanti del bilancio. Che ci siano sprechi e anche dell’altro è quasi matematico. Ma dove sono annidati? E’ possibile stanarli? L’unica spesa facile da toccare è quindi quella trasparente. Ma è possibile ignorare che nelle scuole medie di Roma la carta igienica dei bagni debbono portarla i genitori? E’ possibile non sapere che nelle sale operatorie i chirurghi fanno fatica ad ottenere il filo sterile per i punti di sutura di cui hanno bisogno?
Il ministro dell’Istruzione ha affermato che si potrebbe risparmiare un miliardo e trecentomila milioni di euro se si costringessero i bidelli a provvedere alla pulizia delle aule.
La spesa a cui si appellano i 600 emendamenti in discussione richiede tempi brevi.
Quanto ci impiegherà Mariastella Gelmini, nonostante la buona volontà, a rimettere la ramazza in mano ai bidelli?
La partita a scacchi fra Giulio Tremonti e Mario Baldassari impone che non si finisca fuori tempo massimo.
Come dice Bossi, l’Europa non ce lo perdonerebbe.